Dove eravamo rimasti? Ok, certo, c'ero io che mesi fa avevo preso in carico il reincollaggio della tastiera di una chitarra classica di certi amici miei (con gran piacere mio, tra l'altro),
qui l'antefatto, in attesa del post vero e proprio che avrebbe dovuto seguire a breve l'intervento. Poi invece l'inerzia e la sciagurataggine hanno avuto la meglio, fino a stasera.
Insomma, grazie alla consulenza a distanza del nostro prezioso liutaio di famiglia (ciao Mimmo!), ho ormai abbastanza chiaro tutto il procedimento fino all'ultimo dettaglio, almeno in teoria. Perchè, piccolo particolare, sono alla prima esperienza nella vera riparazione di una chitarra, a parte lavoretti con ponticelli e capotasti. Ma me la sento. Ho tutto l'occorrente: colla alifatica, morsetto da legno, tavolette da usare come spessori, siringa per iniettare la colla, straccetti per pulire etc.
Già che ci sono, compro un ponticello grezzo che lavoro e sagomo per sostituire quello vecchio di plastica.
E siccome sono premuroso verso i miei amici, faccio anche una bella pulizia ai tasti nerissimi e sporchi.
L'intervento, dicevamo: la prima difficoltà è far entrare la colla nella siringa. Brigo, stantuffo e sbuffo ma ce la faccio
(il giorno prima mi ero rivolto all'attonita farmacista chiedendole: "mi dia la siringa e l'ago più grossi che avete!). Iniettare la colla è l'unico modo di agire, dal momento che la fessura creatasi per lo scollamento è decisamente stretta, per quanto cerchi moderatamente di allargarla per mezzo di plettri e spessorini. Comincio ad iniettare la colla e ho l'impressione che non ne esca mai abbastanza da quella dannata siringa, e allora inietto e inietto. Me ne accorgerò dopo, quando posizionerò il morsetto tra due tavolette di legno e degli straccetti e comincerò a stringere.
Tutto avviene in modo quasi comico: stringo il morsetto e comincia una colata lavica di colla dai bordi del manico che sembra non arrestarsi mai. Ogni mezzo giro alla chiave della morsa, asciugo un mezzo litro di colla, e ancora e ancora.
Quando sarà il momento giusto per smettere di stringere? Proprio adesso, penso, quando la resistenza comincia a farsi eccessiva, dunque smetto. Posiziono la chitarra morsettata in modo che possa riposare per le fatidiche 24 ore (o forse solo 12, non mi ricordo) in modo corretto e la lascio lì, tornando a controllarla di quando in quando, manco fosse un paziente in terapia intensiva.
Mi tocco la fronte, ho fatto una sudata (ed era dicembre). Un vero liutaio come Mimmo avrebbe lavorato in scioltezza, calibrando i movimenti e senza troppo penare, per me invece è stata una sorta di gag comica à la Buster Keaton.
Il risultato non è pulitissimo, ma noi siamo gente di sostanza: il manico è stabile, la tastiera è dritta e la chitarra suona, va bene così, sono soddisfatto.
Appendice: nella caduta la chitarra aveva riportato una botta sul binding che tratto in maniera un (bel) po’ meno
professionale di quanto mi aveva suggerito Mimmo. Passo qualche goccia di acqua calda sulla ‘ferita’ per far gonfiare le fibre di legno rattrappite, scrosto i frantumi di vernice con un temperino ed tratto la parte con della colla attak, fino a saturarla.
Scartavetro con carta finissima per mettere la colla, ormai cristallizzata, a livello della vernice circostante e poi lucido con un batuffolo di ovatta pucciato nel dentifricio (ehm sì, dentifricio, mi era stato suggerito da un altro amico e non avevo pasta abrasiva). Anche qui, il risultato non è perfetto ma almeno la zona è stabile e non si rischia di restarci impigliati con la manica della maglia, dal momento che la botta era proprio nel punto del body dove poggia il braccio.
Corde e ponticello nuovo e la chitarra è tornata dai padroni più bella, lucida e sonante di quando era partita. E soprattutto aggiustata. Gli amici la guardano come fosse rinata e io lo considero un piccolo successo.