domenica 25 ottobre 2015

L'ultima "fatica" dell'uomo col cappello

Quando la sento per radio mi piace, ma mi sono preso la briga di sentire l'originale e ora non sono tanto convinto dell'ultima fatica dell'uomo col cappellino, voi cosa ne pensate?



22 commenti:

  1. [video]http://youtu.be/bd29sNmzaag[/video]

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  2. [video]http://youtu.be/PpRKstHl7Y0[/video]

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  3. Questo post ha un layout innovativo, da architetto! :)))

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    1. Dall'ipad non ho ancora capito come trovare il codice per mettere i video nel post principale, mi scusi la redazione, ma si stava tanto bene a letto con il tablet a sentire bob Dylan...

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    2. Ah, era il post del ghiro!!! :D

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  4. Non si è sforzato molto con l'arrangiamento, ma la canta bene (stranamente intonatissimo!) e l'atmosfera c'è tutta. Anche il passaggio dall'inglese all'italiano regge bene, e questo è un pezzo pericoloso che tira le frasi fatte (ruba una mela ecc. è quasi un proverbio e glie la passo! :D). Insomma... mi piace.

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    1. In pratica è un lavoro fatto soltanto sul testo, non vuole secondo me essere una cover, più una traduzione, l'arrangiamento e praticamente lo stesso e anche il solo di chitarra finale, la tipo che lo suona per Dylan però è molto meglio.

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  5. Il nostro principino ama sempre mostrarsi curando il look...ma da molti anni non inventa più nulla.

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  6. A piacere, mi è piaciuto, ma come dice Max, non si è inventato niente di nuovo, però, questa è la vita, la parabola creativa, ad un certo punto scende.... :-)

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    1. Oltre alla vecchiaia, anche l'appagamento di certi obiettivi raggiunti, i soldi, la notorietà....tutte cose che spengono la creatività e la poesia che, quando è autentica, nasce dal disagio e dal dolore...
      Lui ha inventato il suo stile tanto tempo fa, giocando anche, credo inconsapevolmente, sull'ermetismo di certi suoi testi che sembravano voler dire chissà che cosa...e invece non volevano dire niente, Era il momento giusto e lui l'ha interpretato anche bene. E' per questo che vederlo provarci ancora, riproponendo lo stesso linguaggio, induce a pensare due cose: o ha bisogno di soldi e sfrutta il nome che è rimasto, oppure non ha proprio capito che il mondo è cambiato. Vabbè ma io non faccio testo: mi è cordialmente antipatico.

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    2. A me piace, però hai ragione tu.

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    3. Diciamo che ormai sfrutta il mestiere, quello ce l'ha, innegabilmente.

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  7. A me il principe piace " a prescindere " , quindi non faccio testo e poi ho già plemizzato altre volte su di lui , stavolta poi il reverendo mi scomunica davvero :-))))))))))))))))))

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    1. Già, attento che con la curia ci dobbiamo lavorare! ;)
      (OT: ricevuto i file?)

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    2. sto leggendo il bel libro di Camilleri "Inseguendo un'ombra" sulla vita e le avventure di Guglielmo Raimondo Moncada...quello si che era un vero ecclesiastico...

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    3. M’inserisco, con la consueta diplomazia del critico, in questa discussione: De Gregori non mi piaceva quand’ero ragazzo, e cuoceva in salsa melodica italiana le sue dilaniate scopiazzature ammannendole a quelli che non conoscevano gli originali. Ora che siamo vecchi tutt’e due (tutt’e tre con Bob Dylan, che però è il più giovane di tutti) e che ha smesso di essere “creativo” da qualche decennio (con la consueta parabola discendente, arginata prima coi duetti, e poi con le cover) mi piace ancor meno. (ma amo tutti gli amici che lo amano, questo lo dico come sincera dichiarazione iniziale)
      Vero è che il mio equilibrio critico è annebbiato da una sua recente, lunga intervista-documentario televisiva, nella quale, bellissimo nel suo luk (che sua vanità Eugenio Scalfari sembrava modesto al confronto) pontificava di musica autori testi vita politica: in modo per me insopportabile nella sua, quella sì, grande per davvero modestia di concetti (ma ogni paese e ogni età ha i suoi “poeti laureati”, per dirla con un poeta laureato per davvero, e io oramai son scarso di sopportazione, oltretutto).
      Questa sua impresa dilaniana mi è apparsa doppiamente fatale: fatalmente ovvia, perché il legame era troppo e da troppo tempo evidente e dichiarato, e fatalmente fatale, perché nel momento in cui si è realizzato musicalmente ha dimostrato tutto il divario. Dylan è autore e soprattutto musicista-interprete non coverizzabile se non da se stesso (cosa che infatti continua a fare in maniera mirabile e irraggiungibile, molti anni fa in una mia recensione di un suo concerto definii le sue canzoni - nelle sue sempre nuove versioni - come dei palinsesti continuamente raschiati per poter reincidere su quella nuovamente vergine cera, e con segni sempre inediti, nuovi segni: i segni dei tempi (che, sempre, have a-changin’).
      Non volendo-potendo seguire il modello nella sua capacità reinventiva, la sua (di De Gregori) versione, senza scendere in troppi particolari, mi è sembrata scolastica (e non ci sarebbe niente di male, in uno scolaro) ma poco ispirata. “Se vuoi conoscere il mio stile, devi ascoltare le mie trascrizioni”, mi disse una volta un grande compositore: e allora, per spiegare meglio che con le (mie) parole quello che voglio dire, chiedo all’amico Mirco (col quale mi divido fraternamente, in questo caso, nella valutazione degregoriana) di fare quello che avrei voluto fare io se avessi ritrovato il post con le istruzioni. D’inserire cioè due video da You Tube secondo me perfette per spiegare il mistero di come due versioni l-e-t-t-e-r-a-l-i di due brani siano però perfettamente esemplari dello stile di chi le reinterpreta.
      Due canzoni dei Beatles (bela forsa… si direbbe a Parma in questo caso):

      Blackbird (nell’emozionante versione di CS&N al loro primo concerto, appena appena in quel di Woodstock)

      Here comes the Sun (nella siderale perfetta adamantina commovente versione di James Taylor-Yo Yo Ma)

      (concluderei con un ulteriore e autoironico “bela forsa…”, però).

      E sempre salute, e saluti, a tutti!

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    4. Eccole qua:

      [video]https://www.youtube.com/watch?v=0DS4rBPIchY[/video]

      [video]https://www.youtube.com/watch?v=tbMCjuHsT7A[/video]

      Cover siderali, bellissime... però vuoi vincere facile! Qui oltre l'arte dei protagonisti conta molto, secondo me, anche la loro autorevolezza, nel senso dell'affetto che nutriamo per loro.
      CS&N sono stati i nostri fratelli maggiori mentre diventavamo grandi e James Taylor è lo zio James (lo scavezzacollo di famiglia dal cuore grande!).
      De Gregori, purtroppo per lui, è il genitore spocchioso che pretendeva la nostra ammirazione insegnandoci la musica dall'alto del suo piedistallo. Vizio che proprio non riesce a togliersi, anche adesso che siamo cresciuti! :)))

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    6. Anche io sono in aria di scomunica perchè "il Principe" per me è un punto di riferimento musicale non indifferente.. però se l'"Uomo col cappello" ha fatto una cosa inascoltabile o che non mi convince lo riconoscerò.. pas des problemes..
      Intanto si comincia ad ascoltare qualcosa..
      ;-))

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  8. Grazie Mirco dell'aiuto tempestivissimo, e grazie anche per le tue aggiunte.
    Non ritorno sul nostro De Gregori, dico soltanto una cosa ancora sulle due citazioni che ho indicate: le ho messe per amore, e perché sono bellissime, ma anche perché aggiungono ulteriore significato alla mia scelta perché sono sideralmente lontane nel tempo tra loro. CS&N, quando han fatta questa loro versione di Blackbird, erano dei ragazzoni, già di gran successo, per l'amor di Dio, con alle spalle i successi delle loro benemerite band, ma pur sempre dei ventenni che erano alle primissime prove in trio (in realtà a Woodstock erano già in quartetto, ma il perché e il percome a noi sia sempre sfuggito che c'era il vecchio Young non ve lo sto a rimestare perché di sicuro lo sapete già). Ventenni, già musicisti esperti, con alle spalle uno stile già affermato: eppure si ritrovano, e s'inventano un nuovo stile, il loro stile. e, per affermarlo, rifanno, praticamente tal quale, un pezzo dei Beatles: io lo trovo fantastico!
    Invece lo zio James che ho scelto per questo posto, è quello degli ultimissimi anni, testa pelata ma cervello voce e dita intatte: insieme a lui, semplicemente il più grande violoncellista vivente, che insieme a lui divide questo gioiello che brilla di pura luce, un miracolo, come scrivevo, a spiegare il miracolo di come si possa leggere le stesse note scritte da un altro, facendole risuonare come se fossero le proprie.
    Non lo metterò qui, ma pensate per esempio al meraviglioso (credo che non avessi 14 anni, e la prima volta che lo sentii, era la sigla di "Avventura" della benemerita RAI, mi fece stramazzare a terra per l'emozione) "She came in through the Bathroom Window" urlata da un inarrivabile Joe Cocker, quale esempio di un artista che invece si appropria in maniera definitiva di un pezzo altrui, dandogli un nuovo sangue, ma facendo dimenticare, per troppa lontananza, l'originale.
    C'è poi un terzo esempio di cover, quella nella quale il musicista "nuovo" si impossessa (nel senso che lo possiede come un indemoniato del "vecchio", riscrivendo il vecchio pezzo in uno nuovo, uguale e diverso: per spiegarmi, sto pensando ai "Quadri da un'esposizione" di Musorgskij, nella ritrasformata, meravigliosa versione orchestrale di Ravel, che però è uguale all'altra nota per nota, come se Ravel fosse riuscito a entrare per sortilegio (uso questa parola non a caso, per l'autore dell'Enfant et le Sortilège...) nella testa e nella partitura (che nacque per pianoforte solo) e dell'autore, e dell'originale.

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    1. Voglio farmi male: sapete cos'era la sigla finale di Avventura?
      "Salty Dog", dei Procol Harum: fate voi i conti...! Quella era La Tv dei Ragazzi dei miei (dei nostri) tempi: io non ho figli, ma m'intristisco lo stesso...

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    2. C'era meno musica in giro, anche perché era artigianale, fatta "a mano" e io penso fosse un vantaggio perché venivano rispettati tempi di ascolto umani. E la musica bella risaltava. Oggi sguazziamo nel gran calderone della musica industriale clonata e perpetua, ed è già arduo incontrare qualcosa di semplicemente sincero, pensato e costruito con passione.

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