Nella ricerca
di un sistema di amplificazione per la mia RK mi sono chiesto spesso se non
valga la pena, anziché di acquistare un sistema piezo+mic tipo Anthem (265 euro
+ liutaio), di prendersi una chitarrina amplificata che costa quasi altrettanto
o poco più e tenermi la RK acustica.
La candidata
ideale sarebbe la EKO Mia che unisce finiture dignitose, la comodità del corpo
piccolo e un promettente sistema Fishman flex blend.
Al di là della
mia predisposizione naturale a comprare chitarre piuttosto che aggeggi
elettronici, sorge spontanea la domanda di come sia possibile che una chitarra
costi così poco da renderla concorrenziale con il costo del solo pick up (il
flex blend non si trova singolarmente sul mercato ma quelli analoghi della
fishman sono tutti abbondantemente oltre i 200 euro).
Una delle
risposte potrebbe riguardare il legno della tastiera: il cosiddetto Ranko
Rosewood. Il Ranko Rosewood, nonostante il nome, non è la variante poco nota di
un tipo di palissandro (la Eko è sufficientemente chiara su questo), ma un
legno visivamente molto simile al palissandro ottenuto tramite trattamenti
industriali che vengono applicati al legno di Pinus Radiata, una specie
simile al pino marittimo, originaria della California. La ditta produttrice si
chiama Blackwood Tek e ha, in Nuova Zelanda, delle piantagioni di questo FSC® 100% Pinus Radiata, appositamente
coltivate per produrre questo legno che opportunamente trattato diventa simile
all’ebano, al palissandro oppure al tek. Un sito spagnolo di legnami (Madinter)
http://corporate.madinter.com/blackwood-tek/
spiega abbastanza comprensibilmente tutto il procedimento messo in opera dalla
Blackwood nello stabilimento dello Shandong (Cina) che prevede essicazioni,
tintura, l’impregnazione in autoclave con una speciale resina e una pressatura
che ne aumenta la densità.
Il risultato pare
visivamente molto buono, ma non l’ho mai avuto sotto le dita, mi sembra però decisamente
più apprezzabile, almeno esteticamente, di Micarta e Richlite e pure
dell’Indian Laurel (lauro indiano, non chiedetemi cos’è…) che impazza negli
ultimi anni sulle tastiere Squier ed Epiphone.
Una ulteriore
sorpresa riguarda il prezzo: una tastiera in questo “ebano” costa al pubblico
10,40 euro sul sito Madinter, contro i 33 di una tastiera in ebano vero (sul
sito di Rivolta). La differenza è tanta ma non è ancora sufficiente per
motivare la scelta, mi viene da pensare che le limitazioni alla circolazione
delle essenze pregiate, su larga scala, creino davvero troppi problemi (e
costi) che in questo modo sono felicemente risolti, fra l’altro con un minore
impatto ambientale, e questo è certamente un punto a favore.
Voi che ne
dite? Si può ancora chiamare legno? La Eko, nonostante il nome commerciale
ingannevole di questo prodotto, è abbastanza trasparente sui materiali che usa,
ma siamo sicuri che tutti gli altri lo siano allo stesso modo? Quando guardo
l’ebano (quasi troppo perfetto) della mia RK mi viene da pensare…
Anche la Goldwood, USA per le tastiere un non identificato ebano, che ora non ricordo come viene chiamato da loro, io direi che si, può essere ancora chiamato legno, ma le caratteristiche non sono minimamente uguali al legno che vanno ad imitare, prova ne è che la Goldwood di mio figlio, comincia a presentare segni di usura, specie nelle prime posizioni della tastiera, ed anche se si tratta di legno, non è certo adatto alla costruzione di una tastiera, malgrado sia impregnato di resine in autoclave, a questo punto preferisco la mi carta, molto più resistente ed economica
RispondiEliminaLa micarta ha un unico pregio, un nome che non la fa scambiare per legno. Ciao Mimmo
EliminaPiù che Eko Mia mi pare una EkoNoMia 🤣🤣🤣😂😂😂
RispondiEliminaA parte gli scherzi, la Eko Mia la pubblicizzava Varini 10 anni fa, peccato però che quando lo vedevo alle sue clinic o concerti non usava quella ma le sue Martin;)
Esatto, se ci ragiono la penso esattamente come te. La cosa giusta è elettrificare la RK e decidersi a comprare una Martin, che sono gli unici soldi ben spesi
EliminaIl problema è che i prezzi di Martin stanno lievitando sempre più, anche a distanza di pochi mesi, ti ritrovi lo stesso strumento a un paio di centoni in più. E parlo della serie standard, su quelle authentic o modern deluxe non oso immaginare. Invece qualche settimana fa ho provato per la prima volta una Furch (marchio della Repubblica Ceca) che mi ha davvero impressionato. Per cura della costruzione e qualità mi ricorda molto Lakewood. Gran suono, non espressamente di impronta Martin, ma articolato, aperto, una timbrica chiara, molto raffinata. Una sonorità che forse in modo un po' superficiale definirei "europea" ma che ultimamente mi affascina molto. Se poi pensi che quasi con gli stessi soldi di una Martin standard oggi si arriva a prendere una Lowden... ;)
EliminaLe Furch le ho provate lo scorso anno quando acquistai la mia Guild D-40, anche io le ho trovate interessanti, ma con la Guild non c'era confronto, ho preferito spendere 2 o 300€ in più per la Guild.. ora non ricordo i modelli da me provati delle Furch, comunque come fascia erano intorno ai 1700/ 1800€, però le ho trovate come manici e suonabilità un po' durette, ho trovato bellissime e comodissime le Martin D-18 e la D-41, peccato per i costi, avessi avuto un pelo di più di incoscienza e me ne sarei presa una, ma spendere 3900€ per la 18 o 4900€ per la 41 mi sembrava pura follia;)
EliminaUna D18 a 3900 è allucinante davvero. Ho visto la tua Guild, molto bella, dread abete mogano che non ha nulla da invidiare alle altre tradizionali dread americane e col tempo non potrà che migliorare. La Furch che ho provato io era una 00 parlor (attacco al XII) e scala lunga in abete-palissandro. Costruttivamente bellissima, ottimi legni e un suono fantastico, di gran personalità. Solo, aveva qualche scelta puramente estetica che non rientrava nei miei gusti: paletta per me brutta e un orribile minuscolo battipenna, di cui non capivo il senso. ;)
EliminaCondivido il tuo pensiero, la cosa che mi ha impressionato della D-18 è il peso, veramente una piuma tra le mani, leggerissima, ma come dici anche tu, la mia Guild ne esce a testa alta nel confronto con la D-18..
EliminaTornando alle Furch, almeno quelle provate da me, credo abbiano un costo piuttosto alto, visto che si parla di un brand ancora poco conosciuto, e visto che sul mercato si trovano belle chitarre come la Recording King rd328 a prezzi dimezzati rispetto ad una Furch, solo per fare un esempio..
Questione che abbiamo dibattuto spesso, ma che non ha una unica soluzione. Molto dipende da cosa si vuole ottenere. Se si opta per una chitarrina già amplificata, economica ma dignitosa - e ce ne sono tante - non so quanto sia giusto porsi troppe domande sui legni. Come hai giustamente detto, se rimaniamo in ambito industriale non è l'impiego di legni alternativi che abbatte il prezzo. E l'impiego di Micarta o Richlite, materiali costosi per la lavorazione, è più probabilmente una tendenza alla sostenibilità in chiave tecnologica. Poi può essere sorprendente che il sistema di amplificazione da solo vada a coprire gran parte del costo totale dello strumento, ma credo che dietro ci sia un ragionamento molto pratico: chi compra una chitarra amplificata ha intenzione di usarla live ed è meglio una chitarra modesta ben amplificata che una ottima chitarra amplificata male. A questo punto ciò che fa la differenza è la suonabilità (chitarra ben costruita al di là dei materiali impiegati) e la qualità dell'amplificazione. Se una buona suonabilità è qualità imprescindibile, ho qualche dubbio sui sistemi di amplificazione, che sono quasi sempre piezo e per quanto raffinati fanno quel che possono. A questo punto opterei per una chitarra economica ma ben fatta, magari amplificata con un piezo basilare, accoppiata con una buona DI.
RispondiEliminaPer la mia esperienza ho trovato che non valga la pena amplificare buone chitarre costruite con legni masselli, magari in palissandro, per poi dover lavorare su mixer o DI per togliere tutte le frequenze che apprezziamo al naturale ma che impicciano quando amplificate. Meglio una chitarra decente con cassa in laminato e una buona DI per aggiustamenti rapidi ed efficaci. Tanto possiamo toglierci dalla testa l'idea di avere un suono amplificato uguale a quello acustico. Ed è più facile disegnare una sonorità acustica "credibile" lavorando su una buona DI che montando pickup sofisticati (ricordo il commento del buon liutaio Ceriani a Sarzana che dopo aver ascoltato vari artisti sul palco centrale con chitarroni pazzeschi e amplificazioni raffinatissime disse: cal chitàri lè sounen tòti ugueli!).
Precisazione: le mie riflessioni partono dal presupposto che uno voglia suonare una chitarra acustica in una band (come capita a me). Nel caso invece voglia fare concerti da solista ha altre necessità. Ed esistono centinaia di video e tutorial su come affrontare la situazione, che testimoniano come anche in quel caso ci sia un ampio ventaglio di soluzioni. Insomma, mi verrebbe da dire che fuori dal divano, la chitarra acustica vera e propria non esiste.
EliminaParole sacrosante! Tutti i suoni che vengono amplificati, sono mediato da qualcosa d'altro, a questo punto come hai detto benissimo tu, l'importante è la suonabilità dello strumento
Elimina