martedì 8 febbraio 2022

Duck Baker (una cosa curiosa che mi capita)

 

Io, se uno mi chiede qual è il mio disco preferito di Bensusan, glielo dico subito: Intuite. Così come se mi chiede qual è quello che preferisco di Franco Morone: Guitarea. E Aerial Boundaries quello di Michael Hedge. Per John Renbourn faccio più fatica, perché per me lui è “la chitarra”, il musicista che me ne ha fatto innamorare, e allora la scelta varia a seconda del momento fra tre titoli (The Hermit, The Black Ballon, Palermo Snow). Ma se uno mi chiede qual è, per me, il disco di musica per chitarra più bello in assoluto... immediatamente rispondo Ms Right, di Duck Baker.

E questa è una cosa molto curiosa, perché a me non viene mai in mente di citare Baker fra i chitarristi che più amo. Cioè, devo ricordarmi di “Miss Right” per citare anche lui. Tuttavia quello per me è il disco più bello in assoluto di musica per chitarra. Ma che cosa, questa, che il disco più bello non è quello di uno dei chitarristi che più amo. Non so spiegarmelo.

E comunque, qual è il vostro disco più bello per chitarra?



23 commenti:

  1. Non conosco il disco di Baker, lo ascolto quanto prima. Però lo stimo molto come musicista, qualche anno fa è venuto dalle mie parti e non sono riuscito ad andare, mi resta il rimpianto, (anche se non è detta ancora).
    Il mio disco di chitarra preferito non c'è però ultimamente sto in fissa per Yamandu Costa, dopo che lo visto dal vivo qualche mese fa, inarrivabile. Questo in duo è fantastico https://www.youtube.com/watch?v=WaoqAXshItA

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  2. Mi hai fatto un regalo, è una musica bellissima che non conoscevo.

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  3. Il fatto di averci dovuto pensare mi mette davanti al fatto che non ho, come Giancarlo, un disco preferito. Forse come dischi di musica in genere qualche preferenza ce l'ho, ma dischi di sola chitarra che mi balzano in mente sono tanti, e non tutti di sola chitarra. Comunque, il disco che mi ha fatto innamorare dell'acustica è sicuramente Quah di Jorma Kaukonen.Seguito da Circle in the stream di Bruce Cockburn e Fare forward voyagers di John Fahey. Ma mi sembra di aver lasciato fuori altre perle o perlomeno dischi che mi hanno influenzato parecchio, cose di Richard Thompson, David Bromberg, Grossman o John Martin. Come vedi non sono stato preciso, sorry :-)))))

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    1. Ciao Stefano, "Quah", in effetti, è stato un album fondamentale anche per me. Non ho mai smesso di trovare "Police dog Blues" un pezzo travolgente.

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  4. Neck and Neck di Atkins e Knopfler, l'ho consumato, anche se sono anni che non lo ascolto, da ignorante non mi vergogno a dire che tutti i nomi da te citati sono a me ignoti, d'altro canto, io non ho una formazione musicale acustica, ho iniziato nel 1990 grazie a videomusic e gli AC/DC, ho passato il periodo hard rock degli anni 70 passando successivamente al metal più pesante tutto gradualmente, per poi approdare a generi più soft.. i dischi strumentali per chitarra che ho ascoltato di più sono quelli di Joe Satriani e di Yngwie Malmsteen, non ce ne era uno in particolare, ma credo che l'album The Extremist di Satriani sia un capolavoro per gli amanti del genere

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  5. Vedi, sono ignorante anch'io, perché Satriano non lo conosco. Adesso lo ascolto ;)

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  6. Onestamente, non ho un disco preferito, vado più con gli stati d'animo del momento, anche se ultimamente ho consumato un CD di Pat Metheney, ma comunque amo la musica in generale e sopratutto quella suonata con la chitarra acustica, e cerco sempre nuovi spunti anche da musicisti sconosciuti, per poi rielaborare il tutto a mio modo

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  7. Ne cito solo uno: "Dream Dancer" di Peter Finger, pubblicato nei primi anni di questo secolo. Mi sembra lui riesca a superare molto spesso i limiti dello strumento e anche tante convenzioni legate alla musica eseguita con la chitarra acustica. Stefano Macchiavello

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    1. Non lo conoscevo Peter Finger, ho ascoltato due pezzi su YouTube, Vielleicht im nächsten Leben è bellissimo. Lo terrò d'occhio, grazie per la segnalazione.

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    2. Conosco altri dischi di Pete Finger: tecnica incredibile e grande espressività, ma trovo che a volte "aggredisca" le corde (con i fingerpick di metallo) con eccessiva energia ed irruenza, in mitragliate di note velocissime, perdendo un po' di musicalità. Ho ascoltato Dream Dancer su spotify e devo dire che mi piace moltissimo, forse meno tecnico (apparentemente), ma c'è espressività, sentimento, emozione, oltre a un suono pazzesco. Direi che è il migliore tra i dischi di Pete che ho sentito fino ad ora. Grazie per il suggerimento Stefano!

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  8. Bel post! Vedo dei dischi che amo tra quelli citati, ma il preferito in assoluto non è una cosa stabile, cambia come i miei ascolti, secondo il periodo.
    In questo momento è "Altered Reality" di Laurence Juber, ma prima "Only" di Tommy Emmanuel e prima ancora "Sad Pig Dance" di Dave Evans, "Lonely Road" di Jacques Stotzem ... e potrei continuare la lista, ma mi fermo qui.
    Mi andrò sicuramente a cercare il disco citato che non conosco del Papero Panettiere.

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  9. Oh, grazie pure a te, non avevo mai sentito nominare Laurence Juber e Jacques Stotzem! Ora li vado a cercare.

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  10. Sto per dire una eresia, che il Signore mi perdoni. Dopo scorpacciate di chitarristi sopraffini, alcuni dei quali nominati anche nei vostri commenti, o altri bravissimi sconosciuti come i tanti che ad esempio affollano il catalogo Candy Rat, sono arrivato alla conclusione che la chitarra come strumento solista dopo poco mi risulta noiosa. E' uno strumento bellissimo ma che pone delle trappole. Una è la tendenza a rimanere ingabbiati nella ricerca del suono, con soluzioni armoniche ripetitive a discapito di melodia e ritmo. L'altra, opposta, è il tentativo di superare i limiti fisici dello strumento con un virtuosismo fine a se stesso, dove ti chiedi se il chitarrista in realtà non desiderasse suonare un altro strumento. In altri termini, si va da composizioni che sembrano fatte più per ascoltare la chitarra che per comunicare qualcosa, ad altre che ti stordiscono tecnicamente ma di cui non ti rimane in testa una sola nota (perché il virtuosismo ha una forte componente visisva). Il risultato è però simile. Se sei un ascoltatore comune "non chitarrista", quindi non direttamente coinvolto con lo strumento chitarra, alla fine ti rimane poco o nulla. Non una melodia da ricordare, non un ritmo, non una sequenza di accordi, ma delle atmosfere o degli "effetti sonori". Per questo i chitarristi che mi piacciono di più sono quelli consapevoli che la chitarra è un tramite e non un totem. Sarà banale, ma Tommy Emmanuel mi piace sempre, soprattutto in duo con altri. Mi piacciono quelli che ti travolgono ritmicamente ma con composizioni ben strutturate, dove non manca una logica melodica e armonica, tipo Don Ross. Ancora meglio se i bravissimi chitarristi sono pure grandi cantanti, come Booke Miller (moglie di Don Ross). Oppure il mio ultimo idolo: Joey Landreth.

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    1. Che Dio ti benedica Mirco, e non solo per ciò che hai detto, un sacco di sacrosante verità.. inoltre da una statistica fatta in giro, il fingerstyle come genere è più coinvolgente per chi lo suona e non per chi lo ascolta, effettivamente, io condivido anche questo pensiero che non è partorito da me ma da altra gente che suona, oltretutto se dovessi scegliere tra ascoltare un live fatto solo da una chitarra con le palle e da una band senza virtuosi, ma con un gran groove, preferisco di gran lunga la seconda via, lo dico senza polemiche perché la musica alla fine è sempre la padrona, siamo noi a scegliere cosa ascoltare senza troppi pensieri..

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    2. Molto contento che condividi. E pure per la benedizione, che con 'sta sfiga in agguato, se ne ha sempre un gran bisogno! :D

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    3. Sì, Mirco, anche io che amo lo strumento pazzamente, le sue sonorità e le capacità espressive spesso faccio fatica con molti chitarristi che pubblicano dischi di sola chitarra, seppure eccezionalmente bravi, o forse proprio per questo. Chi usa la chitarra acustica quasi forzandone la natura non fa per me: come dici tu viene il dubbio che avrebbe dovuto suonare qualche altro strumento.
      Son gusti personali, per carità, sono pochissimi quelli che riescono a mantenere alta la mia attenzione o a farmi scattare quel clic che avviene quando la tecnica si compenetra nella melodia che sto ascoltando fino a scomparire. Inoltre la chitarra fingerstyle è molto solipsistica, nel bene e nel male. Se si facesse uno studio psicologico su quelli che ne sono appassionati, probabilmente si troverebbero tantissimi tratti comuni.

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    4. Io, ad esempio, ho letto in questo post tanti nomi a me ignoti, ma non mi è venuta la voglia o la curiosità di andarmeli a sentire, non per sfiducia nei vostri confronti, forse sono ormai saturo da tutto quello che ruota intorno alla chitarra e al chitarrista, forse anche la musica in generale non ha più niente di nuovo da partorire, però continuiamo a praticarla perché è essenza di nostra vita..
      un esperimento che ho provato a fare con mio figlio, che ascolta musica da quando era nella pancia di sua madre, ora ha quasi 5 anni, è stato quello di far ascoltare a lui un po' di tutto per capire prima i suoi gusti, poi per capire al primo ascolto cosa lo colpisse maggiormente, alla fine ho capito che i brani con 3 o 4 accordi, con un gran tiro, ed una melodia semplice con un testo che ti rimane in testa sono gli elementi determinanti che lo fanno rimanere attento e lo coinvolgono maggiormente, a soli 2 anni era già amante alla follia dei Creedence, ora il suo tormento sono i Queen e gli AC DC, se provo a fargli ascoltare qualcosa di Tommy mi dice cosa è sto schifo papà?
      Non so se sbaglio, ma ho sempre pensato che più le cose sono complesse armonicamente e non hanno strutture che ti rimangono impresse, più sono difficili da ascoltare e apprezzare anche per me che non sono un bambino.

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  11. Quanti begli spunti in questo post! Già nel corso degli anni Beppe e Stefano mi hanno fatto conoscere artisti e dischi che poi sarebbero diventati tra i miei preferiti (Dave Evans e Cockburn su tutti), e pescherò certamente anche da quelli qui citati.
    Per quanto mi riguarda non posso non associarmi ai già citati Fahey e Renbourn, miei numi tutelari, e poi John Martyn, Jorma etc.
    Aggiungo invece due dischi che sono tra i miei preferiti, proprio come formato album, al di là del fatto che siano o meno dei miei chitarristi del cuore, già citati sopra. Si tratta di Mount Royal (Julian Lage e Chris Eldridge) e Irish Reels, Jigs, Hornpipes & Airs (Dave Evans, Duck Baker, Dan Ar Braz e Davy Graham)

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    1. Julian Lage e Chris Eldridge me li godo pure io...fuoriclasse assoluti

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    2. Lage e Eldrige, soprattutto il primo, secondo me sono un buon esempio di come si possa interpretare la chitarra sfuggendo alle trappole di cui parlavo prima. Poi la dimensione del duo (la musica 'insieme in generale) ti costringe a un dialogo creativo, a un confronto con l'altro che ti strappa da quel solipsismo in cui cadono molti chitarristi. Ma poi mica solo loro. Beninteso anche certi pianisti sanno come rompere i coglioni! :D

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    3. La dimensione del dialogo creativo (meglio ancora se con improvvisazione, ma non è necessaria) è quella che preferisco in assoluto e questo mi fa preferire il piccolo ensemble (per esempio quartetto) ad ogni altra formazione.

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    4. Hai detto pianisti?
      A me è bastato nel 2009 un solo concerto per pianoforte di Giovanni Allevi al teatro Carani di Sassuolo, una palla assurda..
      però forse sono io che ho qualche problema, un mio collega invece, la scorsa estate ha visto Stefano Bollani a Parma in un parco all'aperto, mi ha detto che è stato fantastico..
      ma non è che forse siamo noi che suoniamo uno strumento a farci troppi viaggi assurdi?

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    5. Ti credo benissimo. Allevi è un pianista come ce ne sono tanti. E' un fenomeno kitsch al limite della macchietta, costruito sul suo personaggio fuori dalle righe, una sorta di bimbo mai cresciuto che non si capisce se ci fa o ci è, ma che musicalmente ha poco da dire se non mescolare stilemi dei vari generi conditi con un po' di tecnica a effetto.
      Bollani è un pianista come ce ne sono pochi con una personalità unica, un geniaccio. Tecnica prodigiosa, creatività, ironia, conoscenza della musica a 360°, un istrione capace di passare dalla classica al jazz al pop al cabaret rimanendo sempre a livelli altissimi.

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