venerdì 9 novembre 2018

I pedalini e la maturità di Scofield



Qualche giorno fa sono andato ad un concerto di John Scofield, non è la prima volta, l’avrò sentito almeno altre quattro volte negli ultimi vent’anni e quando passa da queste parti faccio sempre in modo di esserci, per me è un maestro assoluto, uno che ha dato molto alla chitarra elettrica elaborando un modo di suonare originalissimo che davvero non è facile imitare.
Questa volta mi è piaciuto particolarmente un po’ per la formazione molto polivalente: organo alternato al pianoforte, contrabbasso molto old style e la fantastica batteria di Billy Steward, per me uno dei migliori al mondo. Il programma era quello del nuovo disco combo66 che Scofield si è dedicato per i suoi 66 anni e spazia fra il suo stile funkettaro (che a me stanca un po’) e quello più prettamente jazzistico che invece mi ha sempre convinto di più.
La novità più interessante è stata una scelta che ho apprezzato molto: giunto alle soglie della pensione il buon Sco ha pensato bene di eliminare tutti i pedalini e suonare solo chitarra e ampli, portandosi però il suo fonico in tour. E’ impressionante quante sfumature di suono è riuscito ad ottenere con il solo tocco  e con un uso virtuosistico della manopola del volume. Il lavoro enorme che ha dovuto fare sulla tecnica della mano destra, (dita e plettro), sui vibrati e i bending e sullo smanettamento del volume mi ha impressionato sul serio, ha fatto letteralmente piangere la chitarra, per questo ve lo propongo, in fondo qualcosa (poco) in comune con noi ce l’ha: non gli piacciono più i pedalini.

11 commenti:

  1. Sempre piaciuto Scofield, stile molto personale che è stato scopiazzato da tanti, e che molto deve proprio al mix singolare di effetti. Non mi stupisco che sia giunto all'idea di ripulire il suo sound e renderlo più naturale. L'età della saggezza porta a diminuire il bagaglio e puntare alla sostanza. E la tecnica per farlo non gli manca di certo! :D

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  2. Ammetto la mia imperdonabile 'gnoranza, ma a me questo genere non riesce a netusiasmare. Riconosco la bravura, la tecnica, la ricerca, ma mi annoio dopo poco. Fra i due scofield, quello ascoltato ad Ameno era forse ripetitivo ma per me più digeribile. Che devo da fare, in ginocchio sui ceci ? :))))) Se poi ammettessi che un pedalino ogni tanto non mi disturba, rischio la ghigliottina....

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    1. Come diciamo qui al nord, s'ariconsolamo co' l'ajetto :DDDDDDD

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    2. Beh é un ascolto non certo facile e sentirlo dal vivo aiuta moltissimo, l'abitudine aiuta ancora di più e dopo tanti anni io non faccio più nessuna fatica a seguire le varie parti dei brani che sono tutti temi con improvvisazione, ma sinceramente c'è n'è voluto di tempo, certo che mi ha affascinato dalla prima volta. Quanto ai pedali anche a me non dispiacciono, ma il bello è che il suo suono resta praticamente lo stesso (Non è proprio lo stesso, ma non si sente unà differenza importante) perché quel che resta è la sua capacità di espressione, fatta di tecnica ma anche di scelte armoniche e melodiche che prevalgono sul suono. Quanti sarebbero capaci farlo? È una cosa tipica dei grandi..

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  3. Nemmeno io riesco ad apprezzare fino in fondo questa musica, mi manca la capacità di distinguere le linee dei vari strumenti e le relazioni tra queste. La stessa cosa tuttavia non mi capita quando ascolto Bireli Lagrene (un altro alieno dello strumento), in quel caso tutto mi sembra coralmente più chiaro. Da che dipenda proprio non lo so.

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    1. Anche a me l manouche risulta piacevole all'ascolto, deve essere qualcosa legato al genere e ai chitarristi che lo suonano che lo rendono fruibile anche ai non addetti

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    2. Beh, quanto al pezzo che ho postato era solo per far vedere quanto riesce a "lavorare" il suono solo chitarra e ampli, in realtà fa anche cose più ascoltabili, sebbene con sonorità "acide" che lo distinguono. Bireli invece è davvero un marziano, come tecnica e capacità anche di stupire, le sue cose sono difficilissime da eseguire ma le note si "infilano" meglio negli accordi per questo l'ascolto è facilitato. Nel manouche spesso si suona (a tutta velocità) l'arpeggio dell'accordo che legandosi ad un accompagnamento molto esplicito risulta più fruibile. Purtroppo non sono mai riuscito ad ascoltarlo dal vivo dev'essere uno spettacolo.

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    3. Tutto dipende dal fraseggio che il jazzista cerca. Di certo lo stile New Orleans o quello dello Swing sono più orecchiabili perchè non ci sono ancora le complicazioni armoniche introdotte dai Boppers. Accordi e relative scale sono più semplici e limitati. Quando invece si comincia ad alterare gli accordi con voci dissonanti occorre modificare anche le scale su cui si improvvisa e il fraseggio diventa più difficile, sia da suonare che da ascoltare. Scofield è un jazzista moderno che cerca alterazioni spigolose (c'ha pure una certa età, ma il linguaggio jazzistico secondo me è già al limite da parecchio tempo...), quindi non offre un ascolto facile.

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    4. Pure Lagrene non suona facile e non è solo questione di velocità. Ha un fraseggio molto complesso, ma in genere si muove su brani con sequenze di accordi più orecchiabili, quindi anche quando li altera la progressione armonica rimane più "leggibile".

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    5. Infatti Scofield mi sembra molto più cervellotico di Lagrene e tutta la musica fa perno sulla sua chitarra (come nel video). Purtroppo mi stanco presto di ascoltarlo.

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