sabato 17 ottobre 2015

A scuola di liuteria… (o quasi). Una visita, e una conversazione, con Lorenzo Frignani, liutaio in Modena



Da quando ho cambiate le corde alla mia Martin CS&N (ed è già passato molto tempo, suono pochissimo, e il mio poco suonare lo distribuisco tra 3 o 4 sorelline…) ho sentito che la mia bellissima Regina non era più quella di prima: ma proprio da subito, cioè da appena montata la muta nuova, che è sempre il momento più bello, quello che di solito val la pena della spesa e della noia. Invece questa volta no: il suono era opaco e spento, senza la brillantezza caratteristica del primo momento della muta nuova di zecca, anche in casi di corde da pochi euri. Va beh, ve lo dico sùbito: sono (anzi, erano, perché non credo le userò più…) le Clapton’s Choice, della Martin, ovviamente. Non mi piacquero fin da sùbito, e sempre meno col passare del tempo: al brutto suono, si era aggiunto mano a mano anche una crescente pesantezza nel suonarle, una fatica che prima quella chitarra (che comunque, così com’era settata non era di quelle “facili”, aveva la sua altezza, insomma, un minimo bisognava impegnarcisi) non aveva. Da ultimo, mi era poi sembrato poi che la cosiddetta action si fosse decisamente alzata. Cioè, che le corde fossero più alte sul ponte rispetto a prima, e fu questo il segnale di non ritorno, per così dire, che anche per un pigrone come me c’era qualcosa che non andava. Il rimedio qual è stato, andare dal mio vecchio e fidatissimo liutaio di fiducia, Lorenzo Frignani, a Modena.


Conosco Lorenzo da quindici o vent’anni almeno. Lo conobbi perché in quel periodo lui aveva il suo laboratorio esattamente di fronte al Conservatorio a Parma; io avevo comprata da poco la mia prima Martin, una D 18 del 1973, chitarra bellissima che però, non vi sto a dire come e perché, dopo qualche anno vendetti per comprare una chitarra classica, invaghito di mettermi a studiare sul serio. Pio desiderio, che miseramente fallì dopo un paio d’anni, nonostante mi piacesse molto, e gli incoraggianti risultati che avevo già conseguito. Lorenzo me la settò da maestro, e io mi ritrovai con una chitarra che aveva una suonabilità perfetta, e un suono fantastico. Un grande amore, che non fu eterno: per dir la verità, cambio e chitarra che ho sempre rimpianti, perché in quella D 18 avevo di colpo ritrovato “quel” suono, quello dei dischi che mi avevano fatto innamorare di certa musica, di un certo mondo, e dei “miei” CS&N. Avevo già fatta conoscere a Lorenzo questa nuova Martin, e quindi mi son deciso di molta voglia a rifare la strada di Modena: avevo comunque chiesto ai miei due compagni di via (chitarristica e, in questo caso, anche di via Emilia), Mirco e Massimo di accompagnarmi. Mirco però era impegnato, io mi ero preso un giorno di ferie dal lavoro, ma Massimo, che giocava in casa, mi ha accompagnato volentieri. Lorenzo ha il suo laboratorio a meno di cento metri dalla meravigliosa piazza del Duomo di Modena, giustamente considerata Patrimonio dell’umanità (e lo dice uno che in quanto a Piazza Duomo non scherza…), un magnifico appartamento in un vicoletto della Modena medievale dove legni antichi e odore di vernici sono molto al loro posto, ricolma di strumenti e astucci di chitarre fino all’altissimo soffitto: gli abbiamo chiesto se aveva piacere di rispondere a qualche domanda, e ne è scaturita una breve ma credo simpatica e interessante conversazione che son sicuro interesserà gli amici di Fingercooking. Lorenzo è un liutaio pienamente e puramente classico. Si dedica cioè da molti anni alla liuteria classica, cioè a violini, viole, violoncelli, ma in modo paritario anche alla chitarra, producendo strumenti di altissima qualità che lo hanno fatto conoscere in campo internazionale. Ancora più conosciuta è la sua collezione di chitarre antiche, tra le più raffinate ed esclusive: ma di questa, del suo curriculum e dei suoi strumenti, troverete tutte le informazioni nel suo sito, all’indirizzo frignanilorenzo.com. quello che nel suo curriculum non c’è scritto è che ama molto anche le “nostre” chitarre, e stima molto, sia dal punto di vista storico che da quello del puro valore liuteristico, le Martin. Vi lascio dunque con questa intervista, cioè a questa chiacchierata molto molto libera: la parte migliore è la mia (se si eccettua la tosse che mi ha afflitto per tutta la prima parte, non so perché) la peggiore quella del regista-operatore-montatore, il noto Reverendo (che in realtà si è rivelato molto efficace). A Lorenzo, fuor dagli scherzi, tutta la nostra simpatia e riconoscenza per la sua cortesia e disponibilità: spero che questa prima conoscenza col mondo dei cookers gli piaccia, perché non mi dispiacerebbe continuare questa esplorazione nel mondo delle chitarre visto dalla parte della liuteria, con una guida così prestigiosa e, al tempo stesso, disponibile. Troverete, credo, notizie molto interessanti, soprattutto nel capitolo “corde”, che per lui è importantissimo e, come vedrete, addirittura fondamentale. Alla prossima puntata, dunque! (e all’appuntamento-raduno parmigiano di novembre – per il quale vi chiederò la conta tra una diecina di giorni – il resto della giornata, il racconto a voce della soluzione (forse) del problema Martin). Salute e saluti, a tutti! vincenzo

18 commenti:

  1. Come ti ho già scritto sul tubo, hai postato un video virale..... alla fine avevo la tosse anche io HEHEHEHEHEHEHE!!!! ;-))
    per tornare seri: i concetti che esprime Lorenzo Frignani, sono semplici, ma non scontati, in effetti sia chi suona che chi costruisce chitarre, spesso si dimentica che il nostro ben amato strumento è "l'amplificatore" delle vibrazioni delle corde, e se le corde sono una ciofega, il nostro strumento non potrà far altro che restituirci una ciofega amplificata, per paradosso, e per esperienza personale, migliore è lo strumento, e peggiore sarà la sua risposta al montaggio di una muta di corde non adatta o economica, quindi trovo giustissimo il concetto di costruire la chitarra attorno alle corde, piuttosto che adattare qualsivoglia scalatura o materiale al nostro strumento, ragionando solo in termini economici, montare corde da due soldi su strumenti da migliaia di euro è come comprarsi la ferrari, e poi fargli l'impianto a GPL :-))

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  2. Bella intervista , qui su fingercooking si comincia a fare sul serio , molto bene ! Saremo pochi , ma indubbiamente buoni :-))))))
    Ora però voglio altre puntate....con tutte le chitarre che hai , dovrai far visita spesso a Lorenzo , per cui imbarca il reverendo ogni volta e tienici informati .

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    1. Per una storia o l'altra non abbiamo fatto in tempo ad andare dall'Aldina per pranzo. Sarebbe stato necessario andarci a mezzogiorno se no i pochi tavoli vengono occupati, e noi abbiamo fatto tardi.
      Ma ci torniamo...hai voglia se ci torniamo!

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  3. innanzi tutto grazie davvero. non è solo un'intervista, è un contributo di grande qualità, ricco di spunti e di riflessioni interessanti.
    Il discorso del partire dalle corde mi pare sia alla base della filosofia costruttiva di taylor, le cui chitarre sono accoppiate indissolubilmente alle elixir. Martin oggi consiglia le lifespan per tutti i suoi strumenti, ma credo sia stato un processo all'inverso, dal momento che questa tipologia di corda è abbastanza recente.
    tornando nel merito del discorso condivisibilissimo, mi viene subito in mente il mondo dell'alta fedeltà.
    semplificando brutalmente, le corde sarebbero la sorgente (giradischi, CD) mentre la cassa armonica della chitarra ricoprirebbe entrambe le funzioni dell'amplificatore e dei diffusori.
    Nell'alta fedeltà la faccenda è molto semplice: un amplificatore di gran qualità non farà altro che mettere in evidenza tutte le carenze di una sorgente non all'altezza (che poi è il discorso che fa Mimmo più sopra). Non so però se questo sia perfettamente applicabile al mondo della chitarra, in cui c'è almeno un'altra variabile, non da poco: il chitarrista, le sue dita, le sue capacità sia tecniche che di adattarsi, di calarsi nello strumento che sta suonando. Non so bene nell'hi-fi una variabile del genere quale potrebbe essere: magari la manopola del volume? ;)

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    1. Un fattore assimilabile al chitarrista nell'HI-FI, potrebbe essere la qualita' del supporto da far suonare, nella fattispecie, ci potremmo paragonare al vinile su cui le traccie audio sono incise, un pravo chitarrista, lo paragoniamo ad un disco nuovo e privo di polvere in superficie, mentre viceversa un chitarrista mediocre, sarà un vinile graffiato ed impolverato... Credo che il paragone sia ficcante ;-)))

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  4. È sempre un piacere sentir parlare un professionista serio, preparato e appassionato!

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  5. Bellissima intervista.Solo un ottimo professionista parla in modo così semplice dell'oggetto del suo lavoro. Quando poi entra nei particolari storici è interessantissimo. Ora mi cerco l'indirizzo. Modena non è molto lontana da qui. Buona serata

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  6. Bellissima intervista, il liutaio spiega delle cose interessantissime, da un'ottica che non siamo assolutamente abituati a considerare. Spero che la chiacchierata sia continuata approfondendo anche altri punti, come settaggi, quanto influisce sul suono l'altezza del saddle e l'action delle corde , ecc.
    Riguardo alle corde, nel passato ho sperimentate anche io le "Clapton Choice" e ho riportato le stesse impressioni di Vincenzo ... suono scuro, sordo, dure sotto le dita. Mi hanno disgustato a tal punto che le ho tolte dopo poche settimane (che per me è un record!). Oramai uso sempre le Lifespan bronze 80/20.

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    1. P.S. Come è finita l'operazione sulla tua CSN? ha ricuperato il suo bel suono e la suonabilità?

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  7. Grande intervista! Il focus sulle corde, ovvio in teoria, è l'aspetto più sottovalutato dalla maggiorparte degli addetti. Aspetto un resoconto dell'intervento sulla CS&N.

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  8. Articolo e video interessante e esaustivo per quello che riguarda un argomento che a volte ci manda in paranoia.. la muta di corde da montare..
    Sulle chitarre acustiche ho raggiunto la pace dei sensi con le Elixir Nanoweb Phosphor Bronze.. su quelle elettriche "tut a va bin.."
    ;-)

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    1. Anche io, ormai sono entrate in pianta stabile nel corredo . Ma ti dirò che le ho montate anche sulla elettrica (elixir 0.10). Mi sono perfino dimenticato "quando" le ho montate....deve esserepiùdi un anno.

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    2. ma quindi sbaglio o i cookers stanno lentamente migrando dalle lifespan alle elixir? a parte beppe e mirco, se non erro.
      personalmente negli ultimi tempi sto usando regolarmente le martin marquis su entrambe le chitarre. Sostanzialemnte mi piacciono però decadono abbastanza in fretta.
      peraltro c'è una novità interessante con le elixir ma mi riservavo di farne un post a parte.

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    3. Ultimamente sto usando le Daddario bronzo fosforo, meglio delle Martin normali, ma peggio delle lifespan, il periodo Elixir mi è passato da un po' troppo care un po' durette, ma soprattutto l'effetto "rogna" all'altezza della buca, mi hanno scoraggiato ad acquistarle ancora :-))

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  9. Vorrei un consiglio sono un principiante e misto esercitando con una chitarra eko duo 018 ctw eq però mi trovo un po male i tasti li sento un po lontani li vorrei più vicino ed un manco un po più stretto esiste una chitarra acustica con delle geometrie del manico un po più ridotte grazie

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  10. la tua Eko ha un diapason normale, cioè la lunghezza tra osso del capotasto e l'osso del ponte è di 650mm (ho visto la scheda, mica lo sapevo). Per avere i tasti più ravvicinati dovresti provare una chitarra con un diapason ridotto, cioè a "scala corta". Ad esempio certe chitarre adottano la scala a 632.5, quindi i tasti sono un pochino più vicini tra loro. Su alcuni modelli, Gibson adotta una scala ancora più corta(628.6). Però non ti aspettare che ci siano differenze abissali. Per quanto riguarda invece la larghezza del capotasto, la tua Eko ha già la misura più stretta.

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