lunedì 14 settembre 2015

I mandolini di Corrado Giacomel




Forse qualcuno ci avrà fatto caso, a Sarzana, alla fine del primo corridoio al piano terra, prima di uscire di nuovo sul cortile. C’era lo stand di un liutaio italiano che il mondo ci invidia, e che, invece di sfornare l’ennesima copia Martin, si è concentrato sul mandolino approdando ad esiti creativi inimmaginabili.
Sul finire degli anni novanta Giacomel, che vive e lavora a Genova, inizia ad approfondire e rielaborare la forma e il processo costruttivo del mandolino archtop americano, il classico mandolino Gibson F 5, destrutturandone l’aspetto e ripensandolo in forme più contemporanee e spezzate.
Il celebre ricciolo di Lloyd Loar diventa così una sorta di corno tronco e si stacca dal corpo del mandolino con un angolo netto, idealmente imperniato sul centro della voluta
La forma è fluida, sì, ma non come quella di una archtop o di un mandolino Loar, le curve sono un tantino più spigolose, come a suggerire che sono il prodotto dell’incastro, perfettamente eseguito, di forme più semplici e più pure.
Il risultato è qualcosa di mai visto prima.
La svolta per Giacomel arriva nel 2006, quando Dave Grisman il guru mondiale del mandolino, quello che ha sdoganato lo strumento dal bluegrass al folk jazz e alla world music, utilizza un mandolino Giacomel J5 per il suo nuovo disco e fa conoscere al mondo gli strumenti del liutaio genovese.
Oggi Grisman è anche distributore degli strumenti Giacomel negli Usa e addirittura la Eastman ha realizzato una replica del suo J5 con la consulenza dello stesso Giacomel.
I materiali, le finiture e la cura del processo costruttivo sono al top: Corrado costruisce meno di dieci strumenti all’anno e lavora su uno strumento per volta, i prezzi ovviamente sono adeguati alla qualità. I modelli sono prevalentemente due: il J5 e il J3, che vengono anche replicati nel formato della mandola.
Ammetto di non essere la persona giusta per giudicare il suono di questi mandolini, è troppo poco che mi sono innamorato di questo strumento e non ne ho oggettivamente la competenza e i termini di paragone. Una cosa è certa: imbracciare e suonare un J3 (oltre ad una deliziosa archtop), per me è stata un’esperienza stupenda, me la porto dentro come il ricordo più bello della giornata.
Max era con me e forse da ascoltatore può dire la suail mio ricordo è quello di un suono legnoso, straordinariamente ricco e complesso, potente ma mai debordantecon la classica sensazione di stupore che si prova quando si passa da una chitarra ordinaria ad uno strumento di altissima liuteria.

Giacomel J5

Giacomel J3

Mandolino e Mandola J5



Vi lascio i link al suo sito e ad un recente articolo del fretboard journal da dove ho tratto qualche informazione.
http://www.fretboardjournal.com/features/online/bold-vision-luthier-corrado-giacomel
http://www.corradogiacomel.it/




7 commenti:

  1. Qui potete sentire come suonano ( i mandolini, ma anche due grandi virtuosi italiani Carlo Aonzo e Martino Coppo).

    [video]https://www.youtube.com/watch?v=MWV3jUs-TK4[video]

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    1. [video]https://www.youtube.com/watch?v=MWV3jUs-TK4[/video]

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  2. Ricordo lo stand ( per uscire a fumare ci passavi davanti....) ma non mi ci sono soffermato più di tanto , se non per notare la bellezza degli strumenti. Certo che se do spago a tutte le mie GAS sono finito :-)))))))

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  3. Mi e` piaciuta oltre modo, questa tua recensione, che mi ricorda molto la descrizione di un'opera d'arte, mavin fondo gli strumenti musicali, sono delle opere d'arte doppiamente, perche` oltre all'orecchio, appagano anche gli occhi, sto mandolino poi e` davvero splendido, una via di mezzo tra lo stile liberty, e quello futurista :-)

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    1. sono parecchio intrippato...davvero sono oggetti che lasciano il segno...

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  4. Blogger sta sclerando, non so perché ha spostato il primo commento sotto, comunque:

    [video]https://www.youtube.com/watch?v=MWV3jUs-TK4[/video]

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