domenica 11 gennaio 2015

L'unica cosa bella...

… di tutto il bailamme mediatico seguìto alla morte di Pino Daniele: che non ci ha risparmiato nulla, per ora, e chi sa quanto ci "offrirà" nel futuro.
Ma la breve scheggia di voce e chitarra dedicata a Pino Daniele da Eric Clapton secondo me merita e quasi pareggia il peggio: per delicatezza, per passione leggera e per eleganza.
Per sentimento, che a volte può rivestirsi di queste caratteristiche senza dover essere per forza urlato.
Credo che tutti voi l'abbiate già visto, ma non si sa mai…


salute e saluti, come sempre: a tutti!

18 commenti:

  1. Molti anni fa mi trovavo a suonare per una fine d'anno in un ristorante gestito da napoletani. Si parlava di musica. Ammisi che la musicalità tradizionale melodica napoletana (quella più conosciuta nel mondo) non mi era mai piaciuta. I cantanti alla Peppino di Capri poi mi risultavano del tutto insopportabili. L'unico che era riuscito ad unire nord e sud era Pino Daniele e la sua "Napule è" era un capolavoro.
    Con mia sorpresa mi dissero che la vera musica napoletana non era quella e che, in fondo, il successo di Pino era si, nazionale, ma sostanzialmente estraneo alla città che continuava ad amare il genere melodico.
    Generalizzare è sbagliato ma è indubbio che, anche recentemente, una nuova generazione di giovani cantanti "neo-melodici" si è affermata. Seguitissimi a Napoli ma che, al di fuori della città, ben pochi conoscono.
    Naturalmente tutto questo è o.t. rispetto al tuo post. Fino ad un certo punto però. Se Eric Clapton ha dedicato questa delicata melodia, vuol dire che il valore di Pino Daniele era proiettato verso il mondo intero, travalicando i confini un po' stretti della città (forse con qualche dispiacere dei napoletani più tradizionalisti)

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  2. La musica melodica napoletana, specie quella dei neomelodici, e` molto rococo`, troppo melensa in certi casi, Pino Daniele, l'ha resa meno pesante ed indigesta, proprio come in una ricetta di cucina, e c'e` da dire, che la musica, e la cucina napoletana, si assomigliano molto, nel senzo che entrambe sono molto gustose, ma vanno consumate in piccole dosi, mentre la mescolanza di genere fatta da Pino, ha reso la musica fruibile da tutti, e sopratutto sempre :-))

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  3. Aggiungo solo un rigo.
    Al nome di Pino Daniele, proviamo ad aggiungere anche solo quelli di Astor Piazzolla e Paco de Lucia. Musicisti e stili diversissimi, riuniti dal fatto di essere stati accomunati dall'accusa di aver tradita la tradizione.
    E allora ricordo le parole di Gustav Mahler (anche lui considerato - fatte le debite proporzioni… - un traditore della tradizione, in questo caso quella del sinfonismo classico viennese): "Tradizione non è custodire le ceneri, ma mantenere acceso il fuoco!".

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  4. Avevo ascoltato ieri questa breve dedica musicale a P.Daniele e con molta onestà
    devo dire che mi ha lasciato alquanto indifferente, ma ho apprezzato il valore
    che Clapton ha voluto dargli,e se mi permetti volevo andare un attimo o.t.
    con alcune considerazioni del tutto personali (of course),il povero P.D. nella sua
    musica, di "napoletanità" non ha una beata cippa, se non il suo dialetto in alcuni
    brani totalmente o in parte cantati con un mix di "Italnapoletanenglish",
    e qui mo' mi allargo udite udite :)...la vera canzone "Italiana" è quella napoletana,brani come
    Lacrime napulitane,Regginella,Maruzzella,Anema e core,Guapparia,il repertorio
    di Murolo e così via,non cito Carosone perchè sarebbe un capitolo a parte,
    Forse possiamo etichettare come "musica italiana" il periodo ante/post guerra
    Trio Lescano,Natalino Otto,Latilla,Pizzi,Togliani fino ad arrivare al quartetto Cetra
    ma non ne sono sicuro,ma già arrivando agli anni 60 è stato solo copiare e coverizzare
    brani Anglosassoni e di provenienza oltreoceano ma
    queste cose,visto che scrivo a miei coetanei o giù di lì,le conoscete già,va da se
    che un ascolto se pur superficiale scinde nettamente P.D. dal contesto che ho
    appena descritto,hanno voluto dargli una paternità social territoriale che non
    sfiora minimamente il suo sound,questa paternità è in mano a quei cantanti
    neo melodici che spopolano,nel vero senso del termine,ancor oggi nelle
    province campane,accompagnando cerimonie varie e serenate sotto le finestre
    della propria amata, con tanto di impresario e service al seguito.
    Chiedo scusa a put in pao :))))))))))))))))))

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  5. Non sono mica tanto d'accordo con Macca. E' vero che per certi versi la musica tradizionale napoletana è diventata LA canzone italiana grazie alla valorizzazione che ne hanno fatto, ad esempio, grandi tenori lirici che inserivano nel loro repertorio proprio alcuni dei brani citati. In fondo in quei brani c'erano tante cose care alla tradizione romantica: la melodia aperta e cantabile, il sentimento e la passionalità, la malinconia e un dialetto che era una vera e propria lingua nazionale. Ma d'altra parte Napoli era ben altro. Una città di confine, un crocevia di culture con riminiscenze arabe e spagnole, un calderone che ha assorbito come nessun'altra città il jazz portato dalle truppe americane. Napoli è (o forse è stata) la nostra New Orleans, dove sulle vecchie musiche tradizionali si innestano le musiche di passaggio e fioriscono continuamente nuovi stili. Pino Daniele viveva in questa Napoli e, almeno fino agli anni '90, l'ha interpretata come meglio non si poteva. Ha incrociato la melodia napoletana col jazz, la bossanova, i ritmi caraibici. Se ne è anche fregato della lingua inventandosi quel "Italnapoletanenglish" quando voleva che fosse la musica a parlare da sola (per poi recuperare il dialetto quando voleva cantare gli aspetti più intimi di Napoli).
    E' vero che tanta musica italiana "moderna" ha scimmiottato le canzoni inglesi e americane, ma lo zio Pino aveva uno stile suo, incrociava tanti stili, ma rimaneva napoletanissimo. Forse è vero il contrario, sono stati i cosiddetti neomelodici, Nino D'Angelo in testa, a scimmiottare la tradizione napoletana nei suoi aspetti più folkloristici, come la sceneggiata di Mario Merola, senza aggiungere nulla di nuovo se non i suoni patinati della musica pop internazionale.

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    1. Aggiungo un'altra considerazione (dopo basta!). Ciò che ha fatto la differenza è stato l'uso della voce. Pino Daniele non aveva e non voleva avere la voce standardizzata dei cantanti napoletani. Quella con cui si identifica il folklore e su cui campano i neomelodici. Quel timbro mellifluo e piagnucoloso, coi rubati sul tempo (le gigionate!) e le infioriture standard sulle note tenute allo sfinimento. Quell'idea di bel canto che è diventata una caricatura. Lo zio Pino si è subito tirato fuori con la voce! Quella "je so' pazzo" che l'ha lanciato era ancora una canzone napoletana a tutti gli effetti, ma suonava già diversa! Poi è stato un crescendo di incroci, ma le radici c'erano. Se prendiamo alcune canzoni di Gigi D'alessio, ad esempio, e le facciamo cantare da un bravo cantante "normale" (non è una battuta!) Napoli sparisce di colpo e ci rimane una banalissima canzone pop da San Remo, magari pure moderna e meno fastidiosa.

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  6. Spesso molte persone parlano di "napoletanità" senza avere la minima idea di cosa stanno dicendo.Questa "cosa" (la chiamo cosa perchè credo non si sia ancora capito bene il suo valore) è inavvicinabile e inspiegabile soprattutto per chi a napoli non è nato,ne vissuto (per sua fortuna o sfortuna che dir si voglia) .Pino Daniele era intriso di una napoletanità che ha acquisito nascendo e vivendo a napoli e che gli ha permesso di essere il genio musicale che è diventato,dubito lo sarebbe stato in egual misura se non fosse nato nell'inferno -paradiso che è questa città.Il suo estro è stato quello di far confluire nella musica napoletana novità tali da renderla accessibile a tutti.E questa è...arte...ed è anche "cazzimma" termine difficilmente traducibile da un non intriso di napoletanità.

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    1. ah ah ...bello questo "cazzimma" anche se paradossalmente mi ricorda il "ce l'abbiamo duro" dei lumbard....

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    2. assolutamente no...lui forse un po te lo spiega.
      https://www.youtube.com/watch?v=s2mUqkpaXU4

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    3. Ciao! Levami una curiosità: posto che Pino Daniele era il figlio di Napoli famoso nel mondo - e questo piace a tutti! - ma quelli che lo adorano sono gli stessi che stravedono per i "neomelodici" o esistono due "chiese"?

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    4. cazzimma !....(=vuoi sapere troppo)
      eheheheh

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    5. c'hai la cazzimma quando ne approfitti, ti fai i tuoi o fai delle furbate anche un po' meschine per fregare qualcuno. Insomma, se ho ben capito, quando uno tene 'a cazzimma è meglio stargli alla larga :)

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    6. A Napoli non ci sono diverse "chiese"ma solo diversi "palcoscenici" ,spesso improvvisati.Come questo ad esempio http://www.calcionapoli24.it/multimedia/video-napoli-scena-emozionante-in-metropolitana-in-treno-cantano-tutti-pino-n203515.html...dove,forse, a cantare c'era anche un neomelodico.Non sono altro che il frutto,musicale,di quella Napoli che spesso tutti criticano ma nessuno vuole, ne cerca di capire,il frutto di una cultura del "si salvi chi può" in ogni modo,il frutto di famiglie che inseguono l'effimero per emergere...comunque sia persone che amano la musica,che sia di Pino Daniele e non.

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    7. be'..sui palcoscenici improvvisati ho un ricordo assai simpatico: quando ero militare c'erano due napoletani nella mia compagnia. Qualche volta litigavano tra loro in pubblico usando ovviamente la loro lingua e alzando il tono della voce. Dato che, bene o male, si capiva il senso della lite, grazie anche alla gestualità, si formava un capannello di persone intorno. Non appena i due contendenti se ne accorgevano, il loro litigio (inizialmente vero) diventava una rappresentazione, uno spettacolo ad uso del pubblico, tra gli sghignazzi dei presenti. Grande senso del teatro e della scena. Fantastici ricordi.
      Naturalmente sono o.t.

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    8. "in una società come la nostra, dove certe volte il diritto diventa un optional e anche se non sai fare niente, puoi andare avanti con la cazzimma".Questo lo diceva Pino Daniele,io mi permetto di aggiungere,a ragion e Region vissuta,che non sempre la cazzimma è usata in modo negativo.Spesso è anche sinonimo di forza,determinazione,impavidità.

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    9. vedi che poi un poco assomiglia al "ce lo abbiamo duro"....?

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    10. Mah....sarà. ma con una piccola differenza,almeno la cazzima non produce trote avariate...

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  7. La faccio breve, perché altrimenti l'argomento, e le considerazioni molto molto divaricate che qualche amico ha già espresso, porterebbero molto lontano.
    Per me la musica napoletana sono le villanelle ritrovate e reinventate (e già qui ci sta tutta l'enormità del problema) da Roberto De Simone in quel capolavoro senza tempo che è "La gatta Cenerentola" (uno dei concerti più belli della mia vita, con la Nuova Compagnia di Canto Popolare nella primigenia, stellare, mitologica formazione, schierata sul palcoscenico del Regio a incantare me per tutta la vita, e stordire letteralmente il pubblico allora inamidatissimo della Società dei Concerti, nella cui stagione quel concerto fu coraggiosissimamente inserito, stiamo parlando di una quarantina d'anni fa). Per me la musica "tradizionale" (e già con moltissimo "sconto") napoletana è poi quella delle canzoni classiche dei grandi autori tra Otto e Novecento, che fondono in maniera unica quella tradizione plurisecolare con l'innesto della tradizione lirica romantica. Poi c'è la musica napoletana in quanto fatta a Napoli, e cioè centrifuga: da Napoli Centrale ai neomelodici, ognuna di questa vicina e/o lontana da quel centro. Certo che quell'identità, a mio avviso, s'è andata sempre più perdendo, pur parlando di un'identità che, come sempre o quasi in questi casi di ultraricchezza, è un'identità che più figlia della diversità non poteva essere.

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