martedì 22 gennaio 2019

Alla ricerca del suono.




Il post di Mimmo su "Lorenzo chitarrista in erba" ha aperto diverse considerazioni sull'impiego della chitarra acustica amplificata e sull'uso degli effetti. E' un argomento ricorrente, soprattutto tra chi patica il ruolo intimo e idealistico del chitarrista "da divano" quanto quello più pragmatico e compromissorio del chitarrista di gruppo su un palco. Neanche a farlo apposta, oggi su Facebook è comparsa questa interessante riflessione di Riccardo Zappa sull'argomento. Ve la giro integralmente:

"C'è qualcosa che, ultimamente, mi sorprende ad ogni concerto che tengo. Si tratta di (tornare a) suonare senza impianto di amplificazione. Avevo cominciato tempo addietro, come fosse una piccola sfida al mio caro pubblico; come dire: “ riuscite ancora sentire una chitarra acustica anche in fondo al teatro?”. Del resto, per i chitarristi classici, ciò è normale. Ma, ad un certo punto, a noialtri acustici, è piaciuto un sacco avvicinare la dinamica delle nostre esecuzioni ai medesimi dB raggiunti da un gruppo hard-rock; poichè è chiaro che se un suono, all' origine, è di grande qualità, può darsi benissimo che la sua diffusione ad alto volume sia una componente espressiva notevole.
Ebbene, visto il gradimento dei primi esperimenti, ho via via aggiunto qualche brano in più a questa scaletta-silenziosa-semi-scherzosa, fatta di sonate brevissime ed assai popolari. Fino ad arrivare agli ultimi concerti, dove è chiaro che la gente preferisce di gran lunga l' impianto audio spento! Brani da saggio scolastico, come Greensleeves o l' Andantino di Carulli sono ascoltati con la medesima passione di altri, dove ci devi mettere tutto lo studio di una vita, perché si riesca a suonarli decentemente. 

Mi sono dato una spiegazione a tutto ciò: l' orecchio, adesso, è saturo di suoni tutti uguali, quantizzati, compressi e post-editati allo sfinimento. Questa che sto vedendo, può essere una strada da tenere in grande considerazione, paradossalmente, per produrre qualcosa di nuovo".


11 commenti:

  1. Concettualmente avrebbe ragione. Il fatto è che la chitarra, anche la migliore chitarra, ha una voce flebile se confrontata ad altri strumenti. Ci vorrebbero ambienti dedicati, così acusticamente reattivi da permetterne l'ascolto a tutti. Il che è proprio difficile.
    Quando siamo andati a "Un paese a sei corde" e abbiamo ascoltato in quel bel percorso itinerante i vari chitarristi che hanno suonato, io mi sono perso buono buono un cinquanta percento di quello che facevano. Solo alcuni avevano compreso - e sfruttavano per quanto si poteva - la naturale amplificazione della cappella sulla cui soglia si esibivano. Sarebbe stato sufficiente un buon microfono e una buona cassa amplificata e l'ascolto sarebbe risultato meno faticoso e dispersivo.

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    1. Eppure in quel concerto ad Orta siamo rimasti incantati dalle possibilità espressive di quelle cappelle, quando il musicista ha saputo sfruttarle a dovere ... e dal risalto dato alla qualità liuteristica degli strumenti utilizzati, mentre amplificate le chitarre suonano un po' tutte simili ...

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    2. be' amplificate con un buon microfono e un diffusore lineare non dovrebbero essere tutte simili...l'importante è lasciare perdere pickup piezo e simili

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  2. Riccardo Zappa è il musicista giusto per fare queste considerazioni. Intendo dire che lui ha iniziato a sperimentare più di quarant'anni fa l'uso esasperato di effetti sulla chitarra acustica (Celestion è del 1977) e credo che abbia toccato il culmine della ricerca espressiva della sua musica tramite l'uso dell'elettronica. In quegli anni dichiarava, nelle interviste, che l'uso di effetti era rivolto a compensare una inferiorità schiacciante della chitarra acustica rispetto a strumenti come il pianoforte, sotto l'aspetto del volume, della dinamica e delle possibilità polifoniche.
    Ora sta piano piano ritornando al suono acustico puro, perché ha trovato (o ritrovato?) un registro espressivo più semplice per trasmettere emozioni, ricuperando la dignità dello strumento. Questa cosa, Segovia l'aveva già capita decenni prima, quando diceva che nella chitarra poteva ritrova i suoni e l'espressività di tutti gli strumenti, anzi di una orchestra intera.

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    1. Resta comunque il problema oggettivo del volume, quando si suona davanti una platea ampia. Ma qui non stiamo parlando di effetti che "abbelliscano" il suono come reverberi, chorus, delay, distorsioni ecc. ma di impianti di amplificazione il più possibili lineari e fedeli.

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    2. [video]https://www.youtube.com/watch?v=DJrEl4Nsmsg[/video]

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    3. È che con il tempo e l'età, il gusto di affina...un po' come quando da ragazzi si usciva e in inilocale si beveva un cocktail, ora basta un buon bicchiere di vino per appagare il gusto, penso che questo valga anche per la musica suonata

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  3. Sono d'accordo con Zappa, è vero ormai le nostre orecchie si sono assuefatto a livelli di suono e qualità audio elevate, ma questo alla lunga stanca, questo perchè chi ascolta non deve fare nessuno sforzo di concentrazione, perché gli arriva tutto ad un livello sonoro adeguato, e questo tende a distogliere l'attenzione, suonare in acustico, costringe chi ascolta al silenzio, per poter cogliere le sfumature di suono, ma affina l'attenzione ed il gusto in chi ascolta, senza dimenticare che ogni strumento acustico ha una sua voce ed una sua peculiarità intrinseca, che l'amplificazione tende a cancellare, standardizzando i suoni e rendendoli tutti uguali

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    1. E' evidente che le considerazioni di Zappa riguardano la situazione molto particolare di chi si esibisce come chitarrista solista e in luoghi che permettono un concerto tradizionale, cioè dove il pubblico va per ascoltare e non per fare altro. Ma trovo interessante la sua riflessione sulla voglia diffusa di ritrovare una dimensione più vera e naturale della musica. E' la conferma che dopo la sbornia di volumi e suoni artificiali che finiscono per appiattire tutto, una proposta musicale basata sul suono acustico può essere percepita addirittura come una novità. Per noi dilettanti, rimane il problema di trovare le condizioni e i modi per realizzare quel tipo di offerta musicale. Se non altro Zappa ci dice che il pubblico interessato esiste!

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  4. Discussione interessantissima, come sempre con domande e risposte che attingono al vissuto di ogni chitarrista ( o chitarraio come nel mio caso ) . Ultimamente mi sono esibito nel progetto musica e poesia in locali dagli spazi diversi, e dalla diversa risposta acustica. Il pubblico, se è vero che apprezza proposte acustiche, resta comunque diviso sulla strada percorsa per proporre musica. Ho suonato nudo e crudo in piccole librerie, con pareti tappezzate ovviamente di libri, ma anche i locali più grandi con soffitti altissimi in legno a vista dove abbiamo dovuto affidarci ad un impianto. Le genti hanno apprezzato entrambi gli eventi ( alcuni erano presenti in entrambi i casi ) e c'è chi votava per il talebanesimo acusticante e chi invece aveva goduto di un miglior coinvolgimento con le note che uscivano dalle casse, e l'aggiunta di riverberi e una bagnatina di chorus e/o delay a sprazzi aveva, secondo loro, aggiunto pathos in alcuni brani. Chi ha ragione ? Ma soprattutto, c'è una ragione giusta o sbagliata ? Le aspettative, il nostro stato d'animo, la salute dei nostri padiglioni auricolari, sono tutte cose che influiscono da momento a momento. Anche noi musicanti passiamo dalla sincerità del suono da divano alla complessità del suono trattato e a volumi sempre presenti. Non saprei, ad oggi, dire cosa preferisco. Almeno parlando del risultato che si vuole ottenere, perchè dal lato strettamente pratico una chitarra e via resta il modo più semplice, per suonare amplificati occorrono più artefatti, collegamenti, soundcheck e via dicendo, si rischia sempre l'inciampo o la cattiva qualità. Quando siamo noi e lo strumento, dipende tutto da noi. E da chi ci ascolta...

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