Mi aggancio
al precedente post in cui l’amico Perry, con la sua consueta incuriosente
curiosità, ci parlava delle chitarre a marchio Larson, soprattutto per quanto
riguarda (essendo un marchio attivo negli anni ’20-’40 del ‘900) della sua attuale
rinascita, anche se sotto altra etichetta.
Mi ci
riaggancio per tre motivi:
per
ringraziarlo delle sue informazioni che, come ho detto, almeno in me spesso
attizzano il virus della curiosità e della ricerca;
per fornire
io qualche ulteriore informazione su questo marchio davvero degno di maggiore
conoscenza;
in fine e
soprattutto, perché riagganciandomi a questo marchio ho la scusa per farvi
vedere/ascoltare non solo una splendida chitarra prodotta da questi grandi
liutai, ma soprattutto, spero, farvi felici (e farmi felice) condividendo con
me uno dei più bei brani nati da e per la chitarra “folk” da uno dei più grandi
artisti che il nostro strumento hanno utilizzato quale veicolo per la loro
visionaria creatività: John Fahey.
Euphonon: non
è che sia un marchio notissimo, non è vero? Sotto questo “brand”, che era
quello di una nota, seppur piccola (allora erano tutte chi più chi meno, artigianali)
fabbrica di chitarre, gli svedesi fratelli Carl e August Larson lavorarono
(così come per diverse altre, tra le quali quella di Orville Gibson) le loro
chitarre, soprattutto nell’ultima parte della loro attività (insieme a quelle
marchiate in madreperla col loro nome).
In
particolare, e grazie alla loro maestria, vennero costruite alcune tra le
migliori tra quelle uscite sotto questo marchio, caratterizzate dal corpo largo
(16 e/o 17 pollici) e considerate, allora e oggi, “tremendously rare and
beautiful”, per le loro unicità costruttive (cui già accennava Perry, per cui
non mi dilungo), la bellezza estetica (se avrete pazienza potrete vederne
bellissimi esemplari nei due siti che indico più sotto), l’eccellente
“neck-feel”, e uno dei più “loudest, punchiest, opened-up vintage tone you’ll
likely hear”.
Se volete, come suol
dirsi, saperne di più, due indirizzi potrebbero essere
Ma questo piccolo
sproloquio mi è venuto in mente vedendo su Iutub l’ennesima, e forse la più
accurata, delle cover del forse più bello (via, uno dei più belli…) tra i pezzi
di John Fahey, il visionario inventore dell’American primitive guitar e autore
di composizioni di amplissimo respiro nelle quali le sei corde della chitarra
diventano colonne di cattedrali musicali originali e profonde, inconfondibili e
suggestive: “The dance of death”, incisa dal grande Fahey nel 1964 (e altrettanto
visionariamente utilizzata da Michelangelo Antonioni in uno dei più bei momenti
del suo leggendario “Zabriskie Point” – come poi il ferrarese, coltissimo ma
appartatissimo, Antonioni fosse arrivato ad scegliere, non senza, ovvie,
controversie, un orso incapace di dialettica come John Fahey quale consulente
musicale per il suo film per me rimane un mistero che la prima volta che avrò
tempo vorrei indagare -).
A proporlo (forse avete
già capito che mi piacciono questi omaggi da amanuensi, questi monaci trappisti
del suono che ripercorrono nota dopo nota il cammino del maestro) è Andrew
Lardner, su una delle Euphonon più semplici dal punto di vista estetico ma dal
suono davvero bellissimo, forte, profondo, intenso (anche sul mi basso “sordo”
che qui mi sembra quasi un vezzo), veramente un suono che sembra venire da
lontano nel tempo: costruita nel 1939, l’anno di nascita di John Fahey,
ovviamente non per coincidenza.
vincenzo
Visto che i fratelli Larson (come hai appena accennato), lavorarono anche per il marchio Gibson, mi e` sorto un dubbio: non sara` che il marchio Epiphon, di Gibson sia una copia delle Euphonon dei Larson? Il dubbio mi e` venuto gia` leggendo il post di Mirco, ma viste le tue capacita` da certosino, forse tu mi potrai rispondere in maniera piu` precisa, ammesso e non concesso, che l'assonanza dei due marchi, non sia solo un caso :-)))
RispondiEliminaLa Epiphone fu fondata nei primi anni 20 da Epaminondas "Epi" Stathopoulos figlio di un liutaio emigrante greco! Sai che sono quasi endorser Epiphone!
EliminaQuindi c'e` solo una assonanza tra i nomi dei due marchi.... davvero la Epiphine dovrevve contattarti e offrirti una collaborazione, i numeri ce li hai tutti :-))
EliminaDici bene: il visionario John Fahey. E se dici pure bene che il Fahey o si ama o si odia (si fa per dire), io dovrei mettermi nella seconda schiera. In teoria. Si, perché trovo che molti brani di Fahey siano un guazzabuglio di spunti che si rincorrono senza regole apparenti, se non il ritorno ciclico e spesso casuale.
RispondiEliminaCapita allora che, se ti poni come tipico ascoltatore di musica (musica per chitarra), non trovi un filo logico da seguire o una struttura famigliare da condividere, insomma un "qualcosa" che ti inviti ad entrare in un perimetro definito musicalmente. Reazione: "eccheppalle, con 'sti quattro arpeggi sconclusionati son buoni tutti!". In teoria, appunto... Ma capita che, se si ha pazienza (spesso molta pazienza, anche dopo lo "eccheppalle"), dai quattro arpeggi sconclusionati spunti qualcosa che conferisce alla sua musica un ché di autorevole. Il Fahey è visionario, dicevamo, e della teoria se ne batte bellamente il ciufolo, ma nella maniera in cui se sbattevano Steve Reich o Philip Glass, cioè non a caso. Insomma c'è un disegno con riferimenti colti. Ciò non toglie che pure una musica colta possa essere pallosissima. Tanto per dire: la citazione del Dies Irae l'ho colta un bel po' dopo che avevo già sentenziato "eccheppalle!". Ma non è solo questione di banali citazioni. Il Fahey è visionario e le visioni sono un flusso, dunque bisogna essere disposti a farsi trasportare dal quel flusso ed ecco che le visioni arrivano (e Antonioni/Fahey ci sta, eccome!). Il punto è che per accettare il "trasporto" serve un minimo di fiducia nel guidatore. E nel caso di Fahey, chitarrista folk, ma non tradizionale, non canzonettaro e nemmeno virtuoso, la concessione di fiducia è quasi un atto di fede! Nel senso che, per concedergli questa fiducia, ho dovuto documentarmi sui suoi trascorsi musicali (gli approcci, le ricerche, gli studi), altrimenti mi sarei fermato allo "eccheppalle".
Mi vengono allora due considerazioni:
1. troppe volte abbiamo liquidato con leggerezza dei musicisti perché la loro musica non si inquadrava negli schemi correnti.
2. come ascoltatori abbiamo anche il diritto di liquidare chi pretende di romperci i coglioni con degli sproloqui, anche se forse ha qualcosa da dire.
La uno o la due? Mah!... :)
Chitarre (perché questo bel post era sulle chitarre!).
RispondiEliminaEuphonon, Maurer e altri modelli prodotti dai Larson per marchi secondari se non per singoli rivenditori (come faceva Gibson e pure Martin agli inizi), avevano comunque uno stile ben riconoscibile, nell'estetica e nel suono. Questa Euphonon, ad esempio, è davvero una splendida chitarra, con un suono che definirei quasi epico!
Certo che davanti a questi strumenti finisco sempre per chiedermi: ma quanto ci ha messo il Tempo?!... Nessuno può sapere, nemmeno con inattedibili registrazioni d'epoca, come suonassero queste chitarre da nuove... cosa che apre la porta a una ridda di ipotesi purtroppo non verificabili.
Aggiungo (forse dovrei raccogliere meglio le idee prima di commentare...) questo link al Larson Bros. Guitar Registry, vita, morte e miracolose chitarre dei Larson...
RispondiEliminahttp://larsonbrothersguitarregistry.com/
Efffettivamente se si comincia a entrare nell'intrico (che sembra labirintico) degli intrecci tra liutai, marchi, chitarre di quel periodo, sembra di non riuscire a venirne fuori: ti prego perciò, quando ne avrai voglia, di metter ordine anche per me, che sicuramente della confusione ne avrò fatta.
RispondiEliminaGrazie anche per aver riportato qualche foto di quell'esplosione di legni sfranti che poi (ri)divenne la RK di John Fahey; dato che vedo crescere l'interesse (e anche la competenza di una parte di nostri amici che sono dei veri e propri liutai, magari metto anche il link al sito dove questo restauro è raccontato con molta dovizia d'immagini e informazioni:
http://www.johnfahey.com/RecKingthumb.htm
a me fa molta impressione la prima foto, quella scatola di cartone con su scritto a matita "La chitarra di John Fahey", ma che nessuno penserebbe potrebbe contenerne una…
E salute, e saluti, a tutti!
v