Ad "appena" trent'anni di distanza dalla prima e unica volta nella quale l'avevo visto dal vivo, sono tornato a (ri)vedere il nostro vecchio amico Solitario, The Loner, Neil Young.
L'occasione era quella della sua unica data italiana di quest'anno, la sera conclusiva del programma (bellissimo) di Collisioni 2014, a Barolo (bellissimo, buonissimo...!).
Inutile dirvi che i trent'anni non sono passati invano né per me né per lui: a giudicare dai risultati del concerto, lui sembra essersela cavata meglio di me, anche se ben più vecchio.
Non sto a raccontarvi nulla del concerto (di quello, se vorrete, leggerete nel testo del mio articolo che è stato pubblicato oggi sulla Gazzetta di Parma, e che metto in coda a questo post), se non che è stato gioia ed emozione e poi, soprattutto per le precedenti e successive possibilità (tutte raccolte...) offerte da una tre giorni nelle Langhe, anche un piacere.
Ma The Loner è sempre grande, anzi: soprattutto per una cosa. Cioè che piaccia o non piaccia la sua musica più recente (a me, e per molte ragioni, piace molto) per lui non esiste la nostalgia, ma solo andare avanti. Che è una bella e grande lezione.
E cominciamo con una bella foto dal concerto:
Bella serata, nonostante l'acquazzone delle otto!
Ed eccovi un primo piano. L'allego soprattutto per farvi vedere la maglietta che lui indossava, e che u nutrito gruppo di suoi collaboratori distribuivano gratuitamente al pubblico, in diverse taglie, in versione "maschi", con la scritta "EARTH" e "femmine", con la scritta "PROTECT". La terra è infatti il "pallino" definitivo del Loner, e queste magliette (un gesto che non ha bisogno di ulteriori interpretazioni) sanciscono telegraficamente ma significante.
Ed eccovi, sono arrivato alla fine della vostra pazienza... lo so, il mio articolo
NEIL YOUNG, IL
CAVALLO PAZZO DEL ROCK
"See
the Sky, about to rain", cantava molti anni fa Neil Young in una
delle sue canzoni più belle: "Guarda il cielo, sta per
piovere...". E tutti col naso all'insù lunedì scorso a Barolo,
nella giornata conclusiva di Collisioni 2014. Una giornata iniziata
col sole terso, verso sera un acquazzone fortissimo, col cielo
rischiarato dai fulmini a far da sfondo alle meravigliose colline
vitate dove nasce il vino più celebre d'Italia. Poi la schiarita e
il concerto, l'unico quest'anno di Neil Young in Italia. “Harvest”
s’intitolava
il “festival rock di letteratura e musica in collina” Collisioni
2014, “Harvest”,
cioè
“raccolto”: raccolto non solo d'uve, nonostante lo spettacolare
sempre presente disegno di conche e filari, ma raccolto d’idee
e riflessioni, ovviamente.
Ma
“Harvest” è anche il titolo del leggendario album col quale Neil
Young (stiamo parlando “appena” del 1972) impose, e questa volta
per sempre, il suo già
notissimo
nome nell’olimpo
del rock. E non era certo per caso se il fittissimo programma di
Collisioni 2014 s’intitolava
così:
poiché
Neil Young era il protagonista assoluto di questa edizione e del suo
appuntamento conclusivo, unica data italiana così come unica era
quella del concerto iniziale, un altro nome mitico e ovviamente
stagionato (come un buon Barolo), quello dei Deep Purple. Intorno a
questi due nomi, un programma ancora una volta deflagrante d'incontri
con scrittori italiani e internazionali, stelle del cinema e della tv
e tanta musica.
Ma
“The Loner” (il “solitario”)
era l’assoluto
protagonista di questa conclusiva giornata (se non di tutto il
Festival): una carriera sterminata la sua, quantitativamente e
qualitativamente, in solitaria (appunto) o coi supergruppi ai quali
si è unito all’inizio
(i Buffalo Springfield e il più celebre di tutti, Crosby Stills Nash
& Young) e poi in maniera più o meno saltuaria in seguito. Ma
una presenza la sua che è stata punto di riferimento per successive
generazioni di musicisti (come quella grunge, ma non solo) attratte
dalla sua carismatica presenza, dalla sua spiritualità, dal suo
pan-ecologismo, ma soprattutto dalla sua inesausta evoluzione,
musicale e non solo.
Ma
non è ora tempo di storia, è tempo di cronaca: quella di una serata
di potenza musicale quasi inarrestabile, in cui assieme ai suoi
fratelli di sangue e musica dei Crazy Horse (in formazione quasi
tipo) ha sciorinato più di due ore di un repertorio sterminato tra
canzoni nuovissime e "antiche" (come faranno, ci chiediamo
sempre, questi artisti a scegliere la scaletta dei loro concerti?).
Crazy Horse è il complesso-alter ego che lo accompagna, così come
Cavallo Pazzo è il suo spirito-guida, che campeggia in silhouette
sullo sfondo del palcoscenico (il cui grande schermo era privo della
pur presente regia live, crediamo proprio per suo espresso
desiderio): e cavalcate di un cavallo pazzo sono diventate le sue
canzoni, soprattutto ora, lunghissime suite in cui la sua chitarra è
trascinante voce lirica che sul tappeto di pochi, pochissimi accordi,
e di una base ritmica solidamente, efficacemente basica, sprizza
letteralmente scintille. Poi la sua voce, sempre quella, il suo
limpido timbro acuto, eppur capace di drammatizzare il senso dei
testi, nei brani più elettrici o nelle ballate più rappacificate.
Pochissimo spazio acustico e mai un attimo di nostalgia, e due
chicche imperiture, l'omaggio dylaniano di "Blowin' in the
Wind", la sua eterna "Hearth of Gold", e una "Cortez
the killer" che è stata senz'altro il climax della serata. Due
ore di musica sempre in crescendo, al galoppo col Cavallo Pazzo del
rock.
vincenzo raffaele segreto
E per chi ha avuta la pazienza di arrivare fin qui, la chicca regalo che spero possa consolarvi. direttamente da iutub, uno spezzone del suo concerto di lunedì scorso, una delle sole due cose acustiche che ha suonato: il suo omaggio all'ex maestro, e ora (e da tempo) compagno di viaggio Bob Dylan, con la sua Blowin' in the Wind:
Rimettendo a posto il post (iterazione voluta) ne approfitto anche per aggiungere un altro link video dal concerto di Barolo. Un'aggiunta che non ha bisogno di presentazioni…
E ora, cari amici, un affettuoso: salute, e saluti, a tutti!
vincenzo
Leggendo il tuo post, mi e` venuto da pensare: "la nostra generazione, musicalmente parlando, e` stata super fortunata, gente come Neil Young, Bob Dylan, e compagnia cantando..... chissa` se nasceranno ancora Artisti come loro?!? .......
RispondiEliminaSono passati 30anni anche dalla volta in cui lo vidi io (probabilmente lo stesso tour , con tappa nella polverosa capannelle a Roma ) e mi ricordo una serata molto energica. Il mio rimpianto è di non averlo mai potuto ascoltare in una dimensione più intima , lui , la sua martin , l'armonica e la sua voce sinusoide che , sinuosamente , si intrufola nell'anima dei suoi fan. E chissà se avrò mai tale occasione....
RispondiEliminaE' stato un concerto bellissimo. La dozzina di minuti di Cortez The Killer rimarrà indelebile nella mia memoria, da brividi. Ho rotto la macchina nel viaggio di ritorno verso Bologna ( è ancora da un meccanico in Piemonte..), ma tant'è, ne è valsa sicuramente la pena!!
RispondiEliminaps i posti poi, bellissimi e il cibo e il vino...e che ve lo dico a fare!
aggiungo, scusate :)
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=y-PStJ8D3WI
Un piccolo commento a questi primi commenti:
RispondiEliminaper Mimmo, siamo stati fortunati, concordo, ma un po' ce lo siamo meritato, perché ai "nostri" artisti abbiamo dato molto amore, e agli artisti serve un grande pubblico. Ne nasceranno altri? Io ho già risolto il problema…
per Stefano: niente nostalgia, per Neil Young, lui tira avanti come un treno. Temo che al contrario dei miei amatissimi CS&N (i cui strepitosi concerti sono il festival dei loro grandi successi), per lui "voltarsi indietro" è un'espressione che non ha senso.
per Giuseppe: mi spiace per l'incidente, ma concordo sia per i benefit enogastropaesaggistici della trasferta (io mi sono fatto una parte delle mie vacanze, con tre giorni vissuti alla grande…) e soprattutto per "Cortez the killer" che, come scrivevo nel mio articolo è stato il punto massimo del concerto. Che sarà anche del 1975, ma che sembrava scritta in quel momento stesso, una potenza devastantemente vittoriosa, una lama che affondava profonda...
Non amo particolarmente il Loner, nel mitico quartetto CSN&Y le mie preferenze erano esattamente in quell'ordine. L'ho sempre trovato eccessivamente grezzo e spigoloso per i miei gusti, non per niente ha ispirato il movimento grunge. Ma che dire, la mia bella copia di Harvest ce l'ho anch'io, non nego il fascino del personaggio e vedere come affrontano il tempo certi autori che hanno lasciato il segno è sempre una esperienza stimolante. Dal racconto di Vincenzo è stato sicuramente un gran concerto!
RispondiEliminaPure io. Per me l'ordine preferenziale vedeva al primo posto Stephen Stills. Però come in altri famosi quartetti il singolo non riusciva da solo in alcun modo a ricreare la magia dell'insieme.
Eliminaesatto !
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