mercoledì 14 maggio 2014

Maria Janvier putain















                                                    Maria Janvier putain


                                                                          II

                                                                        


La mattina seguente le cose non erano migliorate e del resto, come potevano migliorare? 
Appena il sole fu alto nel cielo la temperatura schizzò a valori insopportabili, e non c’era riparo. 
Verso mezzogiorno ci furono i primi morti tra gli anziani del gruppo, all'inizio alcuni vecchi si accasciarono oppressi dal senso di soffocamento, altri i più forti cercarono di resistere ma poi cominciarono a cadere come pere mature, rimasero solo gli anziani più in forma per gli altri, quelli meno in gamba, non ci fu scampo.. 
Maria non sapeva come ripararsi, a un certo punto vide una roccia un po’ più grande delle altre, capì che poteva salvarsi solo in un modo: si levò il vestito restando in mutande e lo mise a mo di tenda tra la roccia e il terreno, poi si raggomitolò li sotto quella piccolissima ombra ringraziando la madre per averle imposto quel vestito di cotone bianco un po’ troppo largo e un po' troppo lungo. 
I bambini piccoli soffrivano esattamente come i vecchi, a metà mattinata piangevano tutti ininterrottamente, era un lamento continuo, non si poteva sentire, poi poco per volta i pianti si diradarono, alla fine del secondo giorno nessun bambino piangeva più, era calato il silenzio. 
Ma risolto parzialmente il problema del sole, per Maria rimaneva da capire come poter uscire da quella situazione, però più ci pensava e più capiva che non c’era soluzione, doveva rassegnarsi a morire di sete in quel posto di merda. 
Oramai più nessuno si lamentava, tutti giacevano inermi sulla sabbia, e anche se avevano alla belle meglio creato una specie di tendopoli coi vestiti, erano disidratati e disperati, tutti aspettavano la morte e tutti si auguravano che almeno arrivasse presto. 
Maria soffriva anche lei il caldo e la sete, ma sembrava sopportare meglio degli altri la prova, questa era la dimostrazione che aveva una fibra forte, che se fosse sopravvissuta e avesse avuto la possibilità di arrivare in Italia avrebbe certamente potuto lavorare duro e guadagnare dei bei soldi, per lei e per la sua famiglia.  
Passarono quindi tre giorni e tre notti, al quarto giorno i morti tra vecchi e bambini erano diventati dieci, e senz’acqua di li a poco sarebbero morti anche tutti gli altri. 
Verso la sera del quarto giorno però avvenne il miracolo, in lontananza qualcuno vide il bagliore dei fari di un autobus che si stava avvicinando, si scatenò quindi, nonostante fossero tutti mezzi morti di sete e fame una gioia irrefrenabile, tutti che ridevano e ringraziavano Allah.  
Le donne gridavano, gli uomini ringraziavano Dio, ma sembravano più degli Zombie che degli esseri umani. 
Quando il pullman giunse ne scesero tre ragazzotti baldanzosi, sicuri che nessuno li avrebbe aggrediti per il trattamento ricevuto, i sopravvissuti erano troppo deboli e impauriti. 
A tutti fu spiegato che l’indomani sarebbero partiti, destinazione un porto dove li attendeva una nave per l’Italia, alcune donne alla notizia svennero, alcuni uomini che a fatica si erano alzati in piedi crollarono sulle ginocchia e piansero, fu poi distribuita dell'acqua, Maria però rimase ferma, immobile, incredula. 
Poi come colta da una scossa all'improvviso si riprese e bevve anche lei, acqua e un pezzo di pane, quindi si stese in attesa della mattina, ma come gli altri non dormì, era troppo eccitata, forse le cose cominciavano ad andare per il verso giusto, non poteva che essere così. 
Ma il viaggio in pullman verso il porto fu anche peggio dei quattro giorni nel deserto, allucinante, interminabile e il caldo nella corriera era ancora più soffocante, veniva distribuita pochissima acqua e spesso le donne non ce la facevano a raggiungere la propria razione in tempo, troppo deboli. C'era chi stava male, chi vomitava, e siccome il caldo fuori era fortissimo, si doveva viaggiare coi finestrini chiusi per impedire all’aria infuocata di entrare così che la puzza nel bus era terribile. C’era chi oramai nemmeno si muovevano più, solo lei aveva ancora la forza per prendere l'acqua e portarla anche a chi non ce la faceva, evidentemente il suo spirito di infermiera stava uscendo fuori. 
Il viaggio durò altri tre giorni senza sosta, i tre conducenti si davano il cambio alla guida e le uniche soste erano per il  rifornimento di gasolio dalle taniche legate sul tetto del bus. Giunsero a destinazione che era notte fonda, Maria non seppe mai da che porto fosse partita, da che punto dell'Africa prese il mare e questa è una cosa che poi col tempo le pesò come un macigno, una domanda a cui mai avrebbe potuto dare una risposta, non sapere da dove sei partito è un po' come cancellare completamente il tuo passato, almeno lei lo percepiva così.  
In breve si ritrovò a bordo di un vecchissimo peschereccio di legno, stipata insieme ad altri disperati che come lei erano stati scaricati da altre corriere arrivate da chissà dove, tutti buttai sul ponte della barca, ma erano in tanti, troppi, la linea di galleggiamento era completamente sott'acqua e non c'erano salvagente ne giubbotti di salvataggio, al mimino movimento la barca scricchiolava e ondeggiava paurosamente, i bordi sfioravano il pelo dell'acqua, per questo i piloti armati di pistole intimavano a tutti, gridando come degli ossessi di rimanere fermi, immobili e pregare. 
Sembrava l'immagine di un nuovo girone dantesco e i diavoli erano i guardiani piloti della barca.
Ad occhio era chiaro anche ad un profano che una barca in quelle condizioni e con quel carico umano non potesse navigare, era certamente destinata ad affondare alla prima onda. 
Alla fine quando tutti furono a bordo, il vecchio motore diesel della barca si avviò facendo un'enorme nuvola di fumo nero e puzzolente, la barca partì e quello per Maria fu il suo passaggio all'inferno N°2 

Il giorno seguente in alto mare c'era chi stava male e vomitava dove gli capitava, dove poteva, alcuni reduci da quei viaggi impossibili erano troppo deboli per sporgersi fuoribordo. Altri invece colti da dissenteria non potevano trattenersi e la facevano li dove stavano. In breve su quella barca si creò un fetore terrificante di vomito misto a merda e piscio, ma la debolezza di tutti impediva di farci troppo caso, anche Maria dopo un po' non sentiva più niente, però più che il mare e la puzza erano i tre che pilotavano la barca che le facevano più paura, alti e muscolosi, con l'aria di chi è padrone della tua vita, ostentavano le loro pistole in continuazione, i volti costantemente mascherati da dei fazzoletti annodati sul viso e grandi occhiali da sole scurissimi, erano pesantemente armati e spesso minacciavano chi osava muoversi di sparare, e alla fine spararono per davvero. 
Ci furono dopo il primo giorno di navigazione tre marocchini che tentarono di spostarsi dall'angolo dove stavano per mettersi in un punto più comodo, lo spazio c'era, ma era vietato occuparlo dai tre guardiani. I marocchini però non ascoltarono le urla di intimidazione dei guardiani e muovendosi a fatica a quattro zampe come cani si diressero verso quello spazio, immediatamente partirono tre colpi di pistola, uno per ogni testa, poi i corpi furono gettati fuoribordo. 
Adesso c'era più spazio per tutti e la linea di galleggiamento si alzò lievemente. 
Al terzo giorno il vecchio peschereccio era diventato un cloaca galleggiante, i guardiani tenevano costantemente il fazzoletto legato sul viso e possibilmente stavano in favore di vento per non essere investiti dal fetore nauseabondo che aleggiava sulla barca, tutti stavano distesi e fermi, immobilizzati dalla paura, dalla sete, fame, debolezza e rassegnazione, ogni tanto in mezzo a quei corpi veniva scoperto un cadavere, te ne accorgevi dalle urla improvvise che si levavano in mezzo a quei disgraziati, subito intervenivano i guardiani che senza tante storie scaricavano fuoribordo il morto. 
Nessuno oramai si dispiaceva della morte di qualche compagno di viaggio, lo spirito di sopravvivenza aveva avuto la meglio sulla pietà, più morti voleva dire più spazio per gli altri e la linea di galleggiamento che si alzava. 
Sulla barca c'era una donna incinta al settimo mese, si chiamava Josephine aveva ventiquattro anni e veniva dalla Nigeria, era l'unica persona con cui Maria era riuscita a scambiare qualche parola in francese, di lei sapeva che era diretta a Milano da certi parenti per andare a fare la cuoca in un ristorante di Biandrate, che una sera durante una festa di compleanno d'una lontana parente era stata violentata da suo zio e dai cugini completamente ubriachi e che dalla violenza aveva ricevuto in dono quel pancione. I soldi per il viaggio li aveva raccolti un po' tra i parenti, un po' facendo seghe e pompini ai turisti ma che i guadagni più grossi li aveva fatti facendosi sodomizzare dai turisti più facoltosi.
Comunque Josephine a Milano non arrivò mai, la mattina del quarto giorno non si svegliò più e fu buttata fuoribordo come gli altri. 
Maria pianse e quella fu la seconda volta, dopo le notti nel deserto, in cui la sua convinzione d'aver fatto la scelta giusta vacillò seriamente. 
Il pomeriggio del quarto giorno si sparse la voce che la costa italiana era ormai vicina, la voce diventò certezza quando i tre guardiani tirarono su dalla stiva tre grosse borse, contenevano dei gommoni. 
L'eccitazione tra la gente giunse al culmine quando videro i gommoni gonfi in mare, ma ci furono poche manifestazioni di gioia, tutti erano troppo deboli per dimostrare più di tanto la loro soddisfazione. 
Maria comunque notò che uno dei gommoni era equipaggiato con un potente motore fuoribordo, invece gli altri due erano senza motore. 
Uno dei guardiani scese in mezzo alla gente e indicando col dito una ad una sceglieva delle donne, solo donne, alla fine giunse anche davanti a Maria, lei era la prima volta che vedeva uno dei guardiani così da vicino, loro i guardiani erano sempre stati lontani sulla parte più alta del ponte, notò la grossa pistola infilata nella cintura i grandi occhiali da sole neri e il fazzoletto a fiori rossi e blu legato sul viso, il guardiano fece cenno anche a lei di andare sul gommone a motore insieme alle altre donne, Maria si alzò a fatica ma si sentiva una privilegiata, pensò che le donne fossero state scelte per andare sul gommone a motore come fosse una forma di cavalleria, ma allora perché le uniche vecchie sopravvissute non venivano scelte? 
Comunque non era tempo per farsi troppe domande, salì sul gommone e l'odore di gomma e benzina che immediatamente gli arrivò in faccia, gli parve il profumo più buono di questo mondo in confronto al fetore del peschereccio. Stava bene, comoda, larga, era felice, si sentiva gia meglio. 
Da li vide trasferire il resto dei passeggeri sui due gommoni senza motore, era evidente che non c'era spazio per tutti, difatti chi non trovava più posto si doveva gettare in mare e attaccarsi alle corde legate sui bordi del gommone. Ma anche così nessuno protestava, credevano tutti fosse questione di poco tempo e presto l'Italia sarebbe stata in qualche modo raggiunta. 
La scena di quei due gommoni stracolmi al limite del galleggiamento con attaccati tutt'intorno come una corona umana tutte quelle persone fu l'ultima immagine che Maria vide dell'inferno N°2  


2 commenti:

  1. Le immagini di questo racconto, sono così crude e reali, che sembrano raccontate da chi ha vissuto realmente questa esperienza terrificante.... leggendo questo tuo racconto, mi sono sentito catapultato in mezzo a tutta quella povera umanità, e ti giuro che mi sono sentito male...... queste parole dovrebbero essere lette da chi ci governa e sopratutto dai vertici della comunità europea, solo leggendo storie del genere (forse), chi detiene il potere potrebbe avere un approccio Umano verso questo fenomeno, e trovare delle soluzioni adeguate.......

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  2. Solo ieri, parlando con mia moglie, abbiamo fatto una considerazione che ci ha fatto sentire entrambi un po' migliori, quel poco che basta per rendersi conto che si può cambiare, e che le idee, i punti di vista, la razionalità che spesso rasenta l'egoismo, l'indifferenza, deve lasciare il posto alla generosità e all' amore incondizionato verso il prossimo. Non è facile, ma solo pensarci è già un passo avanti.
    Noi, che abbiamo sempre invocato provvedimenti anche restrittivi per tutelare le nostre coste e il nostro benessere, ci siamo detti, bisogna aiutare questa povera gente, bisogna fare di più che ammassarli in centri di accoglienza e lasciarli alla loro disperazione chiudendo gli occhi e pensando solo al nostro orticello bello e pulito, e siamo noi che dobbiamo dare il buon esempio se non lo fanno i nostri politici e la comunità europea.
    Maria ha superato l'inferno N°2, ed è stato un inferno di stenti, di paura, di pericolo, ma quello che l'aspetta sarà ancora più pesante e faticoso da superare. Il peggio non l'ha ancora passato, l'emarginazione e l'umiliazione di essere trattata come merce da barattare, insieme alla disillusione di fronte ai sogni e alle speranze infrante, sarà un fardello ancora più ingombrante da portarsi dietro che il ricordo di quell'allucinante viaggio verso la libertà..

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