lunedì 12 maggio 2014




                                          Maria Janvier putain 


                                                                                                   I

Torino, l’incrocio tra Viale Puglia e Lungo Stura Lazio, giù in fondo a Corso Giulio Cesare all’estrema periferia nord della città, poco prima dell'ingresso della tangenziale che porta all'autostrada Torino-Milano, è un luogo per certi versi molto strano. 
Il quartierein realtà ne racchiude tre: FalcheraRebaudengo e Villaretto e un tempo era una delle tante aree metropolitane proprie della classe operaia. Li, immigrati dal sud e dal Veneto all'epoca poverissimo, negli anni tra i cinquanta e i sessanta colonizzarono quei posti facendone una roccaforte delle tute blu.  
A sud confina con un altro degli storici avamposti del popolo operaio, la mitica Barriera di Milano detta "Burg dal fum" (borgo del fumo) per via della presenza delle Ferriere, le immense fonderie della FIAT che lasciavano nell'atmosfera del borgo una costante presenza di smog. 
In Barriera di Milano nacquero parecchi personaggi che hanno fatto, nel bene e nel male la storia della città, in una casa di ringhiera che dava sul Corso Giulio Cesare giù al confine con Porta Palazzo nacque Fred Buscaglione, invece più a nord ebbe origine la banda Cavallero, terrore degli anni fine sessanta 
Oggi tutto questo non c'è più, non c'è più la fabbrica, non ci sono più le ferriere, è rimasta solo questa grigia e anonima periferia comune a molte grandi città, luoghi privi di personalità spesso ricettacolo di piccola delinquenza. Il quartiere è  quasi interamente formato da case popolari, ma specialmente sul Corso Giulio Cesare ci sono i soliti palazzoni anni cinquanta-sessanta, alveari che fanno molto vecchia Unione Sovietica, c'è da dire che il più brutto di questi è la sede dell'INPS un'enorme costruzione dai colori che vanno dal marrone scuro al grigio scuro di una bruttezza incredibile. C'è poi il centro sociale intitolato a Rocco Scotellaro, più a nord proprio vicino all’imbocco dell’autostrada c’è l'ex palazzina dei vigili urbani che ora è stata occupata abusivamente da famiglie senza casa,  tempo fa è anche stata oggetto di servizi televisivi sul tema. Sull'incrocio c'è la sede dell’IVECO un enorme comprensorio con le sue officine, uffici e capannoni, proprio di fronte sul Lungo Stura spicca un grandissimo autosalone  a cielo aperto e un grande albergo situato nel parco che costeggia la Stura che in parte, nella zona che guarda verso la collina, contrasta con un largo spazio occupato dagli zingari.   
Più avanti il supermercato AUCHAN che costeggia l'imbocco dell'autostrada.  
L’aspetto generale di giorno è accettabile, tutto sommato è decoroso, la maggior parte degli abitanti sono discendenti degli antichi immigrati che con gli anni si sono totalmente integrati nella città e nella mentalità sabauda diventando in molti casi, più seriosi e intransigenti dei torinesi stessi.. 
Ma è la notte che avviene la metamorfosi, il parco lungo la Stura si trasforma in centro per lo spaccio della droga e le vie dove di giorno impiegati, operai e dirigenti d’azienda entrano ed escono dalla fabbrica e migliaia di persone invadono il supermercato rendendo il quartiere un brulicare di gente, si tramutano in un immenso bordello dove stuoli di puttane africane in quelle strade praticano la professione più antica del mondo.  

La professione più antica del mondo? Il massimo del degrado per una donna? L'ultimo scalino della scala sociale? Naahhh, tutte balle! Stare sulla strada non è come credono i benpensanti, i timorati di Dio, i paladini del buoncostume, stare sulla strada è tutta un’altra storia. Fare la puttana è a tutti gli effetti una professione, un nobile lavoro che consiste nell’occuparsi del corpo degli altri, una missione esattamente come un’infermiera o un medico, in fondo non c’è molta differenza, solo che sulla strada se ci sai fare, guadagni molto di più.  
Assorta in questi pensieri Maria passeggiava inguainata nel cortissimo tubino in lamè fumando distrattamente e osservando di tanto in tanto, dall'alto del suo tacco dodici le macchine, quell’incredibile viavai di automobili ciascuna delle quali contenente un potenziale cliente. Passeggiava Maria con l’aria un po' annoiata e un po' trasognata fumando distrattamente, aveva l'atteggiamento di chi è padrone di tutto e di tutti, sembrava la regina di quel posto ed in realtà, lo era 
Dove stava lei si vedeva subito, lo capivi dal numero incredibile di automobili che tutte ordinatamente incolonnate si alternavano in attesa di ottenere udienza dalla più bella: Maria, e via una l’altra tutti le facevano la stessa domanda: 
“Quanto?” 
Maria però non rispondeva quasi a nessuno, del resto Maria non era una puttana qualunque, lei aveva guadagnato la vetta ed ora era in cima alla scala sociale delle mignotte, lei non era più un oggetto in esposizione, una donna in vendita, in offerta per chiunque passasse da quelle parti, no lei ora poteva scegliersi il cliente, ne aveva facoltà e quanti ce n’era li  in attesa d’esser scelti!  
Quanti aspettavano e aspettavano pazientemente il proprio turno per poi quasi sempre venir rifiutati, ma poi ostinatamente si rimettevano in coda nella speranza che lei al secondo o magari al terzo o al quarto giro cambiasse idea. C'era anche chi passava l'intera nottata in coda ad aspettare, c'era chi non riusciva nonostante i molti tentativi a convincerla, c'era chi dopo ore d'attesa non riceveva nemmeno uno sguardo e andava in bianco. 
Maria, una statua d’ebano del Senegal, quasi un metro e ottanta di altezza e una montagna di curve da perderci la testa, e parecchi, troppi uomini soli avevano davvero perso la testa per lei.  
Alcuni si erano letteralmente rovinati per quella donna, mariti hanno lasciato moglie e figli per lei, altri hanno dilapidato i loro risparmi solo per lei. 
Però nessuno è riuscito a farle cambiare vita, certo molti l’hanno avuta per un quarto d’ora, ma nessuno è stato capace di portarla via dalla strada e tenerla solo per se. 
Eppure arrivare fin lassù non era stato facile, Maria aveva attraversato l’inferno per ben tre volte, e tre volte ne era uscita, una brutta storia la sua, lunga e tremenda storia di sofferenze e sottomissione. 
Maria, considerata dai più una poveretta come tantelei che magari per chi passando per quelle vie distrattamente la notava poteva essere considerata, anzi bollata come una schiava degli anni duemila, lei invece, al contrario si considerava a tutti gli effetti una donna libera, una che ce l'aveva fatta. 

Nata in uno sperduto villaggio del Senegal da una famiglia povera ma dignitosa, già da bambina alle scuole elementari dimostrava un’intelligenza vivace, Maria apprendeva al volo gli insegnamenti e, appena adolescente, il padre vista la naturale inclinazione allo studio della ragazza, si indebitò fino al collo per mandarla a Dakar alla scuola per infermiere. 
Maria completò il corso volando, aveva la consapevolezza degli enormi sforzi e privazioni che la sua famiglia, i suoi genitori i fratelli e sorelle financo gli zii avevano fatto per mantenerla nella capitale a studiare, come tutte le bambine nate povere conosceva fin troppo bene il valore del denaro e quanta fatica costava, per questo mantenne l’impegno dello studio con la massima severità risultando la migliore delle diplomate. Comunque a diciotto anni era già una bella ragazza, ma l’aspetto era ancora lontano dalla venere nera che sarebbe divenuta, era magra, la dieta africana non prevedeva molte calorie, alta e magra, più un abbigliamento molto castigato completavano l’opera di mascheratura. 
Ma un occhio esperto sapeva già intravedere in lei la bellezza nascosta. 
Finita la scuola si prese qualche giorno di vacanza al villaggio e fu proprio in quei giorni che venne avvicinata da dei compaesani, certi personaggi noti per lo più per andare e tornare spesso dall’Italia, di conoscere molti italiani e d'avere parecchi soldi in tasca, questi le proposero di partire e trasferirsi in Italia dove c’era un gran bisogno di infermiere e che loro conoscevano parecchie persone che potevano farla entrare come infermiera in tantissimi ospedali, non c’era problema. Lei comunque lo sapeva già, l’aveva sentito dire a scuola che in Italia la professione di infermiera era parecchio ricercata, bastava fare un piccolo esame integrativo e il diploma senegalese veniva parificato a quello italiano, poi potevi anche studiare per diventare professionale, insomma c’era realmente possibilità di lavorare, guadagnare e fare anche carriera. 
L’italiano lo masticava abbastanza, al villaggio quasi tutti avevano la parabola per vedere le TV europee, e quasi tutti guardavano esclusivamente le TV italiane, secondo la maggioranza le più divertenti, specialmente i giochi a premi. Al secondo posto stavano le TV francesi per via della lingua, ma non c’era paragone con quelle italiane, molto meno seriose e ricche di spettacoli musicali, così a furia di vedere la televisione italiana un po’ di italiano lo imparavano tutti. 
Ne parlò a casa coi genitori della proposta ricevuta e loro la incoraggiarono, seppur a malincuore la spronarono a partire per l’Italia, certo vedere andare via una figlia per luoghi così lontani era un dramma, ma la consapevolezza che l’Africa non offriva nulla era dura realtà. Poi da laggiù Maria poteva aiutare la famiglia inviando dei soldi e chissà, magari un giorno la famiglia l’avrebbe potuta raggiungere in Italia e si sarebbero stabiliti tutti li, di nuovo tutti insieme. 
Era un sogno certo, ma realizzabile. 
Maria decise allora di intraprendere questa avventura, era giovane e forte e intelligente, non le mancava nulla per sfondare in Italia. 
Ma ci fu subito un problema, quei tizi le dissero che per motivi organizzativi potevano farla entrare in Italia solo come clandestina, poi una volta arrivata e sistemata poteva fare le carte per regolarizzare la sua situazione, però poteva entrare solo così e il viaggio da clandestina costava cinquemila euro, un’enormità per lei. 
Allora il padre vendette l’automobile e alcuni beni, poi si fece imprestare altri soldi da dei conoscenti, la madre si liberò di tutto quel che aveva, gioielli, vestiti, scarpe, borse, un orologio, qualche anello, povere cose che però messe insieme facevano una piccola cifra. Con enormi sacrifici e indebitandosi nuovamente fino al collo, i genitori di Maria raccimolarono glagognati cinquemila euro. 
Con quei soldi in una busta il padre e la madre la accompagnarono personalmente da quelle persone, non sapevano poveretti che invece del sogno di un futuro migliore, stavano accompagnando la loro amatissima figlia all’inferno, povera gente proprio non lo potevano immaginare.
Pagati gli intermediari  bisognava aspettare il momento giusto per partire.
E arrivò alla fine il giorno della partenza, Maria come d'accordo si recò da sola all'appuntamento, fu caricata su uno scassatissimo autobus stracolmo di viaggiatori dall'aria smarrita come lei che si diresse verso una località sconosciuta, niente bagagli, niente soldi, solo il vestito che indossava e basta, non un ricambio, niente biancheria, nemmeno uno spazzolino da denti, niente era consentito portare con se, tutto quello che Maria aveva per il viaggio era il suo vestito di cotone bianco, un paio di mutande e le scarpe, in pratica quello che aveva addosso e basta. 
Il viaggio in autobus durò un giorno e una notte, terminò in uno sperduto posto in mezzo al deserto, furono scaricati senza nessuna spiegazione e sotto la minaccia delle armi, poi l’autobus se ne andò portandosi via gli accompagnatori e i loro soldi. Erano in cinquantasette tra donne uomini e bambini, non si conoscevano, alcuni venivano addirittura da altri stati dell’Africa, incominciarono a parlarsi molto preoccupati, a dirsi che li non c’era niente, solo qualche roccia e basta, nemmeno uno straccio di tenda, niente, solo rocce e deserto, niente acqua e niente cibo, tutte quelle persone erano state scaricate li e lasciati soli ma perché? Avevano pagato per il viaggio, ma non per un viaggio così breve, loro volevano andare in Europa, via dall’Africa, dalla povertà, dalle malattie, dalle guerre, e adesso? 
Incominciò a serpeggiare tra quella povera gente la disperazione, molti pensarono che presto, tempo qualche giorno e sarebbero morti di sete e di stenti in quel posto sperduto, che nessuno sarebbe venuto a prenderli, che erano stati fregati, che tutti quei soldi messi insieme con tanti sacrifici erano oramai perduti, rubati da dei delinquenti senza nessuna pietà. Allora le donne cominciarono a piangere disperatamente, gli uomini ad imprecare contro tutto e tutti, altri invece incominciarono a pregare Allah. In mezzo a tutta quella confusione Maria vagava con le mani tra i capelli e gli occhi pieni di lacrime, camminava e aveva lo sguardo spaventato e la disperazione nell’anima. Non sapeva che fare, non conosceva nessuno e nessuno badava a lei, e poi il pensiero che tutti i suoi soldi costati tanta fatica erano perduti la torturava dentro, e ora cosa avrebbe fatto? Come avrebbe potuto sopravvivere in quel posto? I suoi avrebbero mai saputo di lei?  
Magari sarebbero stati sicuri che viveva in Italia al sicuro col suo lavoro mentre invece era morta miseramente a poche centinaia di chilometri da casa, e che in Italia non c’era mai arrivata. 
Nella sua infinita ingenuità immaginò che avrebbero pensato male di lei, che visto il suo silenzio sarebbe stata considerata un'ingrata mentre invece non poteva più dare notizie di se perchè era morta e questo la gettò se possibile ancor di più nella disperazione. 
Era talmente addolorata e smarrita che non sentiva il freddo della notte nel deserto, camminava tra quei disperati cercando almeno un volto familiare, qualcuno del suo villaggio, ma niente, non conosceva nessuno. 
Si accorse che da quando aveva realizzato d’essere stata abbandonata in quel posto, aveva stretto i pugni tra i capelli all’altezza delle tempie, un gesto di disperazione e che da ore stava così, in quella posizione. 
Qualcuno aveva acceso un fuoco con degli stracci, non c’era legna, qualcun altro cercava di dormire all’addiaccio, ma in qualche modo tutti piangevano e si lamentavano. Maria vagò tra quei derelitti per tutta la notte, finchè non giunse l’alba. 
Quello fu il suo ingresso nell’inferno N°1.  

7 commenti:

  1. una storia oserei descriverla con l'aggettivo "tagliente"...... anche qui da me di notte, il panorama del paese cambia, ed escono fuori persone che io chiamo "le lucertole della luna", gente che non ha nulla, tranne se stessa, e la solitudine della povertà, e che per vivere può vendere solo quello che possiede, il proprio corpo, a volte tornando a casa dal turno di notte, mi è venuta voglia di fermarmi per conoscere la loro solitudine e per scambiare due parole, ma il timore di essere scambiato per uno dei tanti puttanieri di passaggio me lo ha sempre impedito..... ci sono dei muri che limitano il contatto fra le persone, muri fatti di morale, di pigrizia di menefreghismo, che a volte è davvero duro abbatterli :-(

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  2. Ma sai, non possiamo farci carico di tutti i mali del mondo, poi avvicinare certe persone può essere molto pericoloso, io l'ho fatto per cercare informazioni che poi ho riversato in questo racconto ma primo, non ero solo, chi era con me sapeva il fatto suo, e nonostante questo qualche spavento ce lo siamo preso lo stesso.
    La prostituta è stata, da sempre, un personaggio che si è prestato molto ad essere raccontato nella letteratura, nel teatro, nel cinema. Superficialmente è una figura molto affascinante, in lei si vede l'unica chiave che può entrare nell'intimo più profondo degli uomini, questo almeno un tempo, oggi invece nella realtà delle cose ha perso tutto il suo fascino o, se vuoi finto fascino, per diventare merce di bassa qualità in libera vendita.

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  3. Bravo, corretto e preciso nella prima parte in cui descrivi una Torino che non tutti i torinesi hanno conosciuto.
    E' il percorso che spesso ha accompagnato le situazioni di emarginazione e solitudine di ragazze madri, disoccupate, tossicodipendenti, e che inevitabilmente ha tratteggiato il cammino di flussi migratori e di povertà.
    Albania, Romania, Nigeria, Senegal sono state le nazioni che più hanno contribuito a dare carne da macello ai puttanieri nostrani e soldi alla malavita.
    L'inferno N° 1 è solo l'anticamera dello squallore, dell'umiliazione e della sofferenza che proverà la sventurata Maria, e se si troverà un giorno a tenere in pugno (anzi.. tra le gambe) i suoi bavosi clienti, sarà la magra consolazione di una vita affogata nella disperazione, nonostante l'illusione di una effimera libertà..

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    1. La classe non è acqua... Solo un "Sandy" poteva entrare così in profondità nel personaggio...
      Al

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  4. aspetto la fine per commentare.....:-)

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  5. ...Torino, via Rosazza, corso Belgio ed io 17 anni...si poteva ancora andare a pescare nel Po, la piazza Enrico Toti era un deposito di rifiuti, c’ereno molte lucertole ed eravamo precisi con le nostre fonde. Piú in la non c’era piú niente, solo erbaccie fino all’incrocio con la Dora...mia madre ed io da li siamo partiti negli anni cincuanta...
    ...ora, il languido sogno ci ha raggiunti. É bene dormire quando l´erba umida sparge odore di primavera. Guardando il panorama della vita come un continente esteso piú in lá di noi, nei confini della realtá di ogni giorno...

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  6. " É bene dormire quando l´erba umida sparge odore di primavera. Guardando il panorama della vita come un continente esteso piú in lá di noi, nei confini della realtá di ogni giorno"
    Se non è poesia questa..
    ;-)

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